Opinioni

Il malaffare a Roma sulla pelle dei più poveri. Recuperare il senso del nostro agire

di Paola Binetti* sabato 6 dicembre 2014
Una holding criminale che spaziava dalla corruzione all’estorsione, dall’usura al riciclaggio, con infiltrazioni 'diffuse' nel tessuto imprenditoriale politico e istituzionale. Ma la cosa che colpisce più dolorosamente in questa vicenda è il riferimento agli immigrati, trattati come una gigantesca operazione di marketing: «Tu hai idea di quanto si guadagna sugli immigrati? Il traffico di droga rende di meno.
Noi quest’anno abbiamo chiuso con quaranta milioni di fatturato.
Ma tutti i soldi, gli utili li abbiamo fatti sugli zingari, sull’emergenza alloggiativa e sugli immigrati, tutti gli altri settori finiscono a zero». 
 
Per alcuni di coloro che si occupavano di accoglienza a Roma, gli immigrati non erano altro che occasione per intascare milioni. Senza controlli, grazie alla logica dell’emergenza e a rapporti privilegiati con autorità, grazie all’intreccio strettissimo tra parti politiche diverse, abituate a combattersi nella Aule parlamentari e in Campidoglio, ma evidentemente decise a far affari insieme. Avevano creato infatti una 'terra di mezzo', in cui si davano appuntamento i vizi di tutti, senza guardare all’appartenenza politica di nessuno. Tutti i giornali hanno denunciato la trasversalità dell’operazione per dare ancor più risalto alla penetrazione della corruzione nella linfa vitale di una città speciale come Roma. Da questa operazione di smascheramento, di cui si sentiva tutta l’urgenza, vengono fuori i vizi capitali di una politica incapace di trovare il senso profondo del suo agire politico, che è credibile solo se si occupa di Bene comune. Ma qui di comune c’è solo il male, il traffico di uomini che si cercava di attrarre nella Capitale per una operazione di sfruttamento. Le loro immagini sono drammaticamente sotto i nostri occhi: immigrati con le bocche materialmente cucite per protestare contro le condizioni disumane in cui vivevano nei centri di accoglienza, in condizioni igieniche inadeguate, segregati proprio per evitare che si sapesse.
 
E nel frattempo qualcuno si arricchiva, lucrava milioni, qualcun altro seminava la falsa immagine che fossero pericolosi, mentre erano solo – giustamente – arrabbiati. Si sentivano trattati da schiavi e lo erano davvero, secondo un modello peggiore di quelli precedenti.
Solo due giorni fa il Papa, coinvolgendo i leader religiosi in uno storico incontro aveva affermato: «Le diverse forme di schiavitù moderna, come la tratta degli esseri umani, il lavoro forzato e la prostituzione, il traffico di organi e qualsiasi altra pratica contraria ai concetti fondamentali di uguaglianza, libertà e pari dignità di ogni essere umano, devono essere considerati crimine contro l’umanità» e aveva concluso dicendo: «Qui e oggi assumiamo l’impegno comune di fare tutto il possibile, all’interno delle nostre comunità di credenti e all’esterno di esse, per ridare la libertà a chi è vittima di schiavitù o di tratta di esseri umani, restituendo loro speranza nel futuro. Oggi abbiamo la possibilità, la consapevolezza, la saggezza, i mezzi innovativi e le tecnologie necessarie a raggiungere questo obiettivo umano e morale». 
 
Da queste parole vorremmo che Roma Capitale ripartisse e recuperasse il senso della sua specifica mission 
politica, con una operazione forte, dalle radici etiche solidamente ancorate a valori come la dignità della persona umana e la solidarietà.
Con fatti, concreti, misurabili, in una gigantesca operazione che coinvolga davvero tutta la città e sia testimone di una politica che cambia, questa volta in meglio!
* Deputato Udc