Opinioni

Botta e risposta. Paradossi dei redditi familiari. Il governo scelga linea di giustizia

Massimo Calvi venerdì 23 giugno 2023

Il caso, raro e sfortunato di un lettore, riapre il dibattito sulle politiche fiscali. Serve un adeguamento del limite di reddito per essere considerati a carico di un congiunto. Dall’esecutivo Meloni promesse che ora vanno onorate nei tempi più brevi

Caro direttore,

sono un abbonato di Avvenire e ho letto con piacere l’intervista rilasciata recentemente al suo giornale dal senatore Lucio Malan, capogruppo del Senato per il partito Fratelli d’Italia, e apprezzo le tesi sostenute dal senatore quando dice che il Governo vuole fare di più e che la riforma del fisco guarda al quoziente familiare.

Nell’ambito di quanto sopra richiamato mi rivolgo al giornale per esprimere la mia insoddisfazione, anzi, delusione nel constatare che anche il governo presieduto dall’onorevole Meloni con Fratelli d’Italia quale maggiore partito continua a considerare ai fini Irpef non a carico del nucleo familiare in cui vivono quelle persone (come mia moglie) che percepiscono un reddito annuo lordo totale superiore a 2.840,51 euro come previsto dalla attuale normativa fiscale in vigore senza alcuna variazione fin dal 1995. Dette persone, quindi, non possono usufruire delle relative deduzioni/detrazione Irpef.

Nel caso di mia moglie, come peraltro per tanti altri contribuenti, tale reddito è relativo a un trattamento pensionistico percepito a seguito di regolari versamenti Inps per gli anni di lavoro dipendente. Anacronistico e assurdo però che per la normativa Inps mia moglie è collegata al mio reddito pensionistico e quindi la sua pensione non può essere portata al minimo attuale previsto (circa 7.880 euro annui), mentre per il fisco è considerata contribuente con reddito autonomo (peraltro incapiente) con un importo annuo superiore a euro 2. 840,51, se pure solo di poche centinaia di euro.

È una ingiustizia che punisce in modo eclatante, quasi vergognoso, la solidarietà familiare soprattutto per gli anziani che sono costretti a sostenere in particolare tantissime spese mediche se vogliono curarsi in tempi brevi e in strutture non lontane dalle proprie abitazioni. Peraltro, è chiaro e lampante che con un reddito di poco superiore al limite attuale sopra richiamato un cittadino non può sostenere ingenti spese mediche (per esempio, dentista o fisioterapie) senza l’intervento solidale della famiglia che invece non può detrarre dette spese dal suo carico Irpef. Continuo però a nutrire una speranza nella promessa fatta dall’onorevole Meloni che già dal prossimo anno saranno abbassate le tasse soprattutto alle famiglie, con l’augurio però che non restino solo promesse rinviabili fino a fine legislatura. Rivedere subito il limite di reddito per essere considerati familiari a carico è una modalità di abbassare le tasse: è una scelta politica di giustizia che premierebbe la solidarietà familiare e non la punisce come avviene da quasi trenta anni.

Peraltro, una revisione di quel limite sarebbe una bella dimostrazione che il nuovo governo Meloni fa quello che altri governi che si sono succeduti dal 1995 a oggi avrebbero dovuto fare per adeguarsi alla inflazione che c’è stata in questi anni a riguardo di un limite di reddito assurdo e iniquo. Desidererei leggere sul giornale un suo parere in merito.

Agostino Stimamiglio


Gentile Stimamiglio,

lei pone diverse questioni che meritano trattazioni separate, e provo a risponderle su richiesta del Direttore. Quando si parla di “quoziente familiare” è naturale pensare al modello fiscale francese, dove i redditi della famiglia vengono cumulati e poi il totale diviso per un coefficiente legato al numero dei componenti del nucleo. Il “quoziente” cui pensa il governo dovrebbe invece prevedere una serie di detrazioni e/o deduzioni fiscali legate al numero dei figli a carico, cui è affidato il compito di assicurare la progressività all’interno di un sistema orientato verso un’aliquota unica.

In ogni caso si tratterà sempre di una tassazione su base individuale che dovrebbe smussare le possibili distorsioni dovute a una diversa distribuzione dei redditi nello stesso nucleo. La Corte costituzionale con diverse sentenze ha infatti dichiarato incostituzionale per l’Italia il cumulo dei redditi, pur avendo altresì suggerito di correggere la distorsione che penalizza i nuclei monoreddito.

Il problema che la riguarda è un po’ diverso rispetto al tema del quoziente, perché il suo caso è quello di una coppia di pensionati in cui il secondo percettore ha un reddito molto basso, ma non abbastanza da poter essere considerato a carico del coniuge. Una situazione che le impedisce da un lato di beneficiare delle detrazioni che sono previste nel caso di alcune spese, dall’altro di avvalersi di sconti d’imposta, dato che sua moglie risulta incapiente e non ha ritenute fiscali.

La soluzione può passare, come lei stesso suggerisce, da un adeguamento del limite di reddito per essere considerati fiscalmente a carico (2.840,51 euro annui), oppure da una revisione del sistema dei crediti di imposta per le famiglie a basso reddito. Dalla delega fiscale, in corso di ulteriori aggiustamenti, non è possibile sapere se la situazione che la riguarda potrà cambiare in meglio. Possiamo augurarci di sì, se non altro per evitare quelle situazioni a tenaglia, dove per l’ordinamento si è abbastanza “ricchi” da non meritare agevolazioni fiscali, ma non abbastanza “poveri” per i sussidi assistenziali.

Fuori dal suo caso specifico, un’ulteriore considerazione può essere fatta, e riguarda l’approccio discriminatorio che lo Stato ha nei confronti della famiglia nel momento in cui il reddito familiare non è considerato quando si tratta di concedere sconti fiscali, mentre diventa decisivo per limitare l’erogazione di agevolazioni e sostegni monetari, come avviene ad esempio con la richiesta della dichiarazione Isee per l’Assegno unico, le tasse o le mense scolastiche. L’auspicio è che anche su questo fronte vi possa essere un’evoluzione nella direzione della coerenza e della giustizia.