Opinioni

Il realismo politico che serve all’Italia non è quello del gioco allo «sfascio»

Marco Tarquinio sabato 6 giugno 2020

Caro direttore,
sono preoccupato: i nostri politici invece di essere uniti, sbloccare i cantieri, chiedere il Mes per sistemare la nostra Sanità, presentare un programma alla Ue relativo ai lavori da fare per il nostro Paese (Recovery Fund integrato) e aiutare tutte le imprese che aumentano personale e produttività, seguono solamente i sondaggi sperando di avere più potere… Speriamo sia ancora possibile invertire la rotta.
Renato Invernizzi


Più che altro, gentile signor Invernizzi, mi sembra che lei finisca per indicare soprattutto un paradosso e una specie di corto circuito. Penso, infatti, che il “suo” elenco di mosse importanti e utili da parte dei «nostri politici» – elenco che mi limito a integrare con due decisivi capitoli di spesa–investimento: famiglia con figli e scuola – sarebbe naturalmente anche una seria operazione acchiappa–sondaggi. Atti e processi di positiva concretezza nell’azione di governo e in quella legislativa incontrano sempre il favore dei cittadini, che sono poi gli stessi che partecipano alle indagini demoscopiche e – prima o poi – alle elezioni… E qui dico forse una banalità, ma purtroppo mai abbastanza ripetuta e compresa: servire l’interesse nazionale e fare scelte sagge e produttive nel segno di quello che definiamo Bene comune, è buono anche per la ricerca di consenso delle diverse forze e personalità politiche. E ci sono criteri oggettivi per valutare se questo accade o meno. In una situazione così critica eppure potenzialmente ricca di opportunità come l’attuale, «invertire la rotta» – secondo la sua speranza – credo che significhi essere capaci imboccare con decisione questa strada. Perché ciò che fa bene al Paese, fa bene anche a chi lo rappresenta e governa. Senza giochetti, senza inerzie, con onestà d’intenti. Ed è un passo indispensabile in quest’Italia stretta tra pandemia e crisi demografica, tra debito pubblico mostruoso e impoverimento diffuso, tra scarsa competitività di sistema e deficit infrastrutturali, tra tassazione oppressiva ed evasione fiscale intollerabile, tra lentezze burocratiche e protervia malavitosa, ma anche generosa di energie e iniziative e forte di un tessuto sociale ancora solido e molto più solidale di quanto si creda e, persino, si voglia.
Come lei, e come il presidente Mattarella, sono convinto che cercare e realizzare più unità possibile in passaggi come l’attuale, porterebbe la politica nel suo complesso a essere maggiormente rispettata da tutti noi. E consegnerebbe una quota del conseguente “dividendo” elettorale di credibilità e di efficacia sia a chi sta in maggioranza (senza arroganza) sia a chi fa opposizione (con responsabilità). Sogno un Paese in cui questa consapevolezza cresce e la sfida per il governo torna a essere affrontata sulla base di progetti politici e sociali “profondi”, non solo e non tanto cavalcando le onde del momento. Proprio per questo, gentile lettore, lei fa bene a preoccuparsi, perché ancora una volta piccoli calcoli rischiano di prevalere e di farci perdere un’occasione preziosa e forse unica per rimetterci in carreggiata. Qualcuno, pensa che puntare su ciò che “costruisce” invece che su ciò che “sfascia” sia da idealisti perdenti, io credo invece che sia una prova di grande realismo. E che di questo realismo abbiamo bisogno.