Opinioni

Ragioni e modi di un impegno: non si può fare la guerra ai poveri

Marco Tarquinio venerdì 29 giugno 2018

Caro direttore

sono un religioso sacramentino, ho trascorso tredici anni del mio ministero a Caserta (dall’ottobre 2003 al febbraio 2017) caratterizzando il mio impegno a fianco delle sorelle e dei fratelli migranti e rifugiati. In questi anni di impegno, sono cresciuto alla scuola di due figure spirituali di alto calibro: padre Raffaele Nogaro, vescovo emerito di Caserta, da sempre in prima linea nella difesa dei diritti dei cittadini stranieri, e suor Rita Giaretta, con la sua esperienza di Casa Rut (comunità per donne straniere vittime di tratta). In quest’ultimo anno vivo a Roma e sto facendo un’esperienza di studio al Simi, con i missionari scalabriniani, e un’esperienza come volontario in un centro Sprar con i padri gesuiti del Centro Astalli. Durante questi ultimi mesi ho seguito da vicino l’impegno del suo giornale rispetto al fenomeno migratorio; in special modo, per quanto riguarda i rifugiati, il racconto veritiero riguardo al dramma dei viaggi della speranza nel Mediterraneo, l’argomentata difesa delle Ong, la denuncia dettagliata dei drammi che stanno avvenendo (non solo) in Libia e – per quanto riguarda i bambini e ragazzi nati e/o cresciuti in Italia – la campagna quotidiana, condotta per mesi, per il diritto alla cittadinanza (ius soli temperato / ius culturae). Di fronte al momento politico attuale, in diversi suoi interventi ed editoriali lei ha ribadito quanto l’Italia oggi si ritrovi in ostaggio di una mentalità e di un sentire che non le fanno onore: rischiamo davvero di diventare razzisti, come ha sottolineato anche padre Alex Zanotelli. Giungo a lei, con questa lettera, sperando di raggiungere tutti i suoi lettori, che ancora credono fortemente nell’accoglienza e nella fraternità e nel desiderio profondo di appartenere all’unica famiglia umana, senza alcuna possibilità di esclusione. Quanto sarebbe bello se i nostri vescovi, in questi giorni così drammatici, si pronunciassero chiaramente contro questa deriva di odio e di esclusione; e come sarebbe importante che in ogni comunità cristiana, la domenica celebrando l’Eucaristia, potesse risuonare forte la parola del Vangelo: «Ero straniero e mi hai accolto»; e quanto sarebbe significativo che nei nostri oratori, in questi primi giorni di orario estivo, i sacerdoti e gli animatori esprimessero con coraggio ai loro ragazzi la scelta di stare dalla parte dei fratelli e delle sorelle migranti, ribadendo un concetto semplice: non esistono clandestini; esistono solo donne e uomini in cerca di vita, nostre sorelle e nostri fratelli! Con stima

padre Giorgio Ghezzi


Molto di ciò che lei teme è purtroppo reale, caro padre Giorgio. Moltissimo di ciò che lei spera accada nella nostre comunità cristiane – dalle parole dei Pastori alla formazione giocosa e vera offerta negli Oratori estivi aperti a tutti – è altrettanto reale già ora. Abbiamo chiaro che pure nella civile e saggia, o incivile e imprevidente, risposta alla domanda rappresentata dai fenomeni migratori bisogna fare i conti con leggi da rispettare, ma vediamo anche le norme e le attitudini sbagliate da correggere e da non accettare. E non dimentichiamo, come anch’io ripeto da anni, che sulla terra che ci è stata affidata in custodia e sotto al cielo di Dio nessun uomo e nessuna donna deve essere trattato da “scarto” o da “clandestino”. Non si può fare la guerra ai poveri e non si può accettare che qualcuno, persino in Italia e in Europa, tenti ancora di mandarli in guerra gli uni contro gli altri... Il mondo tarda a capire? Il mondo capirà, sempre di più e sempre meglio se ognuno di noi fa la propria parte. C’è qualche contraddizione anche tra i cattolici? Lo so, ma soprattutto vedo che c’è tanta fedeltà a Cristo e al suo Vangelo. Quella di cui siamo capaci ancora non basta? Non dobbiamo stancarci di praticarla con mite e mai muta tenacia, e di cercare alleati e compagni di strada. Quanto a questo giornale, caro padre, sulle sue pagine possiamo fare responsabilmente cronaca, sviluppare grandi campagne informative (come quelle che lei così bene ricorda e sottolinea) e offrire con serenità e senza timidezze riflessioni “controcorrente” grazie alla forza che il nostro editore – la Chiesa italiana – ci assicura assieme ai nostri amici lettori. Di tutto ciò – l’ho detto anche ieri sera alla Festa di Avvenire a Matera – noi siamo consapevoli, felici e grati.