Opinioni

Ottaviano. Messa di suffragio per Raffaele Cutolo, un altro inutile polverone

Maurizio Patriciello sabato 19 febbraio 2022

A un anno dalla morte di Raffaele Cutolo, un altro inutile polverone. A Ottaviano, il paese dove nacque e riposa la sua salma, la famiglia ha fatto celebrare una Messa di suffragio. Le pompe funebri hanno provveduto a scrivere e affiggere il necrologio – in genere un cliché – che ha destato scalpore. La scritta invita alla partecipazione della Messa «in suffragio dell’anima benedetta di Raffaele Cutolo» aggiungendo che «i familiari lo ricordano con immenso amore».

La colpa ovviamente non poteva che ricadere sul parroco il quale, poverino, di quei manifesti non sapeva nulla. Tutti si sono sentiti in diritto di dire la loro. Le solite cose: «La camorra si sconfigge con la cultura; più che le caserme servono le scuole; bisogna iniziare da piccoli, la Chiesa deve o non deve fare questo o quello, eccetera». Tutto giusto. Il treno della legalità, però, cammina su un doppio binario. Guai a dire che la sola repressione sconfigge la camorra, ma guai anche a giustificare la scarsa presenza dello Stato sui territori ad alto rischio per mancanza di personale, risorse, di strumenti vari.

Torniamo alla celebrazione per Cutolo. La Messa non è un attestato di onore per nessuno, ma è preghiera che la comunità cristiana rivolge al Padre del cielo e della terra affinché usi misericordia verso tutti, vivi e morti, e quel defunto in particolare. In questa schiera di persone bisognose della misericordia di Dio ci siamo tutti. I peccati sono peccati, tutti siamo peccatori. I reati sono altra cosa, e non tutti siamo rei.

La camorra – non sia detto mai abbastanza – fa paura. Cutolo e i suoi scagnozzi sono stati criminali sanguinari. Hanno terrorizzato noi e i nostri genitori. Hanno affossato la nostra economia. Hanno rovinato migliaia di famiglie. Per questi orrendi crimini ha trascorso più della metà della sua vita in carcere per poi portarsi nella tomba tanti segreti che, se li conoscessimo, ci farebbero venire una sincope. Tutto vero. Tutto consegnato alla storia. Cutolo è morto. Nei processi che ha dovuto affrontare è sempre stato trattato – come Totò Riina, Pippo Calò, Giovanni Brusca – con rispetto. Nessun giudice si è permesso mai di offenderlo, ma sempre lo ha chiamato signore e gli ha dato del lei. L’esatto contrario di quello che ha fatto lui. Bellissimo. Lo Stato deve essere di esempio anche quando tratta con i mafiosi. Chi uccide un uomo va severamente punito ma non deve trasformare in boia chi lo giudica.

Chi avrebbe potuto e dovuto vietare di scrivere su quel manifesto «anima benedetta»? Qualcuno aveva questa doverosa autorità e non l’ha usata? Non lo so. La fede, però, è una cosa seria e, come tutte le cose serie, può essere bistrattata e rinnegata; derisa e calpestata. I sacramenti sono strumenti di salvezza ma non tutti li riceviamo con la stessa devozione e partecipazione. Una Messa di suffragio potrebbe essere strumentalizzata? Certamente. Ma chi è in grado di pesare e misurare la fede di un altro? Nessuno. Ci sono, è vero, criteri oggettivi che possono essere verificati, ma a nessuno è dato di indagare nella coscienza di una persona se la persona stessa non glielo permette. E anche in quel caso si entra in punta di piedi, sapendo di calcare un suolo sacro.

A Ottaviano, dunque, i parenti di Cutolo hanno chiesto di pregare per il proprio congiunto. Il parroco ha fatto il suo dovere, ha celebrato e annunciato il Vangelo invitando i presenti alla conversione. Non ha glorificato Cutolo. Non gli ha tenuto il panegirico. Ha pregato perché Dio avesse pietà di lui. Deve essere terribilmente penoso e doloroso, nell’aldilà – è forse questo il Purgatorio? – rivedere la propria vita alla luce abbagliante di Dio. Ogni giorno la Chiesa prega. Per i vivi e per i morti, per la pace nel mondo, per i fabbricanti e venditori di armi. Per chi inquina l’aria, il suolo, l’acqua. Per i pedofili e le loro vittime. Per le donne in procinto di abortire, perché possano trovare il coraggio di dare vita a un’altra vita, unica e irripetibile, e per quelle vittime dei femminicidi. Per gli scartati, gli ammalati, i soli. La Chiesa, sempre bisognosa di perdono, prega per noi anche quando non ne abbiamo voglia. Lasciamo che svolga la sua missione. Sempre e dappertutto. In particolare in quei contesti dove più difficile è separare il buon grano dalla zizzania.
A mio modesto avviso, quel manifesto a Ottaviano andava solo ignorato.