Opinioni

Il direttore risponde. Quelli che fanno. E chi non sa

Marco Tarquinio lunedì 11 marzo 2013
Caro direttore,
voglio condividere con lei quanto scritto su facebook da un caro confratello, don Alessandro Gargiulo, parroco a Scampia, una riflessione che abbiamo già condiviso con tanti, sacerdoti e laici del nostro decanato.
«La nostra città di Napoli non può essere lasciata in mano a forze distruttive. Il caso dell’incendio che ha incenerito "Città della Scienza" dice che chiunque voglia governare questo Paese deve, prima di tutto, dirci cosa vuol fare in questa direzione, come vuole "salvarci". E, se ci riesce, credo meriti un compenso altissimo per questo lavoro. Pagherei volentieri un vitalizio a chi ci salva da questo orrore quotidiano. Perché è questa la questione politica di fondo, oggi, per noi. Governare non è amministrare un condominio. Siamo davanti a un atto mafioso che fa affiorare il ricordo delle esplosioni di via dei Georgofili a Firenze, o presso le chiese del Laterano e del Velabro a Roma; dell’attentato ai monumenti della cultura e dei valori che abbiamo subito negli anni più neri della nostra vita democratica, quando, dopo aver cercato di ucciderci colpendoci uno a uno, incominciando da chi stava in prima linea (magistrati, uomini della cultura e dello Stato, preti), si cercò di colpirci come popolo, nei nostri simboli, nel nostro patrimonio di storia vissuta o nella nostra speranza di storia futura. E intorno? Il silenzio di chi non sa cosa dirci, non sa cosa fare. C’è un popolo invasore tra noi, che dilapida la nostra identità e ferisce, oggi, la nostra autostima; che dice a una città già devastata "stai giù, non rialzarti" e a un Paese intero in bilico istituzionale "sei nelle nostre mani". E c’è chi gioca a monopoli».
Non aggiungo altro.
don Francesco Minervino decano di Scampia (Napoli)
Meno male, caro don Francesco, che a Scampia ci sono voci e mani d’uomo e di prete come le vostre. Voci limpide e mani forti e inermi, come la Parola di verità che ogni santo giorno servite. Capaci, grazie a quella Parola, di dare nome e di indicare a tutti il vero male e il falso bene che funestano la vita della gente e ne distruggono la speranza. Mi pare importante far echeggiare le vostre voci e riflessioni anche in questa domenica di Quaresima, segnata dall’attesa della voce del nuovo Papa, il padre che ci sta per essere dato, che non conosciamo ancora, ma che – eredi di una millenaria e umile certezza – già amiamo e al quale già guardiamo con fiducia. Quanto diversa è la nostra condizione di cittadini senza allegria, senza governo e con una dominante morale fai-da-te in un tempo di dura crisi nel quale scopriamo, ancora una volta, il limite forse più grande – e certo decisivo – della nostra politica: l’orizzonte stretto, addirittura asfittico. Un cielo basso e grigio sotto al quale regna l’incompetenza civile che non fa individuare le autentiche priorità per le nostre comunità cittadine e per l’intera comunità nazionale e che produce anche l’inconcludenza delle risposte all’arrogante morsa dei fuorilegge su territori e persone. Ciò che è accaduto alla "Città della Scienza" della vostra – e nostra – Napoli, bruciata da un incendio scaturito da focolai plurimi e maligni, è una sfida che va compresa e raccolta con assoluta determinazione. Servono muscoli e testa, per investire in una "ricostruzione" materiale e immediata (quel luogo deve rinascere) tanto quanto morale e culturale e perciò lucidamente e pazientemente educativa. Non si può e non si deve lasciare solo chi, come lei, come don Alessandro, come gli altri suoi confratelli, come tutti i laici impegnati del decanato di Scampia, si batte ogni giorno – cito Giuseppe Ungaretti che, nel pieno di un altro tipo di guerra, si rivolgeva a Gesù Cristo – per «riedificare umanamente l’uomo». Non si stupisca se, a questo punto, quasi con un salto, dico un grazie speciale a lei e a don Alessandro per aver scandito in poche righe diverse affermazioni e richiami sensatamente controcorrente, e uno su tutti: in questa nostra Italia meriterebbe un "vitalizio" chi si dimostrasse capace di rendere degna e sicura la vita della gente che ha il compito di amministrare... Sono d’accordo. I vecchi e i nuovi "eletti" che ci rappresentano e che ci dovrebbero governare lo tengano a mente. I costi della politica vanno tagliati, ma la politica non può diventare solo una questione di costi. Un gioco del monopoli avido, o al contrario demagogico. Voglio dire che non ci servono chiacchiere sulla pulizia, efficacia e sobrietà dell’azione di governo, ma ci sono indispensabili azioni politiche sobrie ed efficaci che aiutino a vivere in un Paese pulito e saldo, che non si rassegna a cedere sempre nuovi pezzi di sé e a subire l’onta subdola o feroce di un tracotante controstato.