Opinioni

IL DIRETTORE RISPONDE. Quel «vuoto» a rischio di repliche

Marco Tarquinio sabato 3 novembre 2012
Caro direttore,ho letto con interesse il suo editoriale ("Capire il vuoto") sul nostro giornale del 30 ottobre scorso: una seria riflessione sul voto siciliano. Lo condivido tutto, ma credo che non sia completo. Penso sia giusto porre l’accento sulla «inadeguatezza rappresentativa e la forza elettorale decrescente delle formazioni politiche che hanno rissosamente egemonizzato la cosiddetta Seconda Repubblica». Manca tuttavia, a giudizio del sottoscritto, un’altra sottolineatura; un richiamo vibrato e deciso agli elettori circa i loro doveri di cittadini seri. Tutti possiamo avere motivi di disgusto e lamentale, ma dobbiamo convincerci che per esternare il nostro più che giustificato malumore l’occasione più opportuna è quella delle elezioni. Il lavarsi pilatescamente le mani con l’astensione non solo non giustifica nessuno, ma ci dovrebbe far vergognare trattandosi di un atteggiamento incivile per tutti e in più, per i cattolici, di un peccato di omissione. Condivido, ma non senza qualche riserva, anche la chiusura dell’editoriale: «Almeno la metà del Paese non ne può più del vecchio spettacolo della politica e non si fa incantare neanche all’ultima versione della politica spettacolo». Tutto giusto, ma lo si doveva dire prima, quando era in atto la politica spettacolo grazie a un certo Cavaliere. Allora si è taciuto… La saluto distintamente e buon lavoro. 
Franco Zugaro 
 
 
Caro direttore,
il suo editoriale su Avvenire di martedì 30 ottobre mi ha incoraggiato a scriverle perché ho visto che certe considerazioni che facevo tra me e me non erano, poi, sbagliate, e mi riferisco ai dati sull’astensione alle elezioni regionali in Sicilia. Sono rimasto sconcertato dai toni soddisfatti dei "vincitori". Sinora non ho sentito nessuno farsi carico di «capire il vuoto» come titola il suo editoriale. Eppure ci sarebbe molto da riflettere. I numeri aiutano a capire meglio il problema rispetto alle percentuali: quando su 4.647.159 elettori si sono recati a votare 2.203.574, vuol dire che 2.443.585 persone, (845.692 in più rispetto al 2008), hanno deciso di non esercitare il loro diritto di voto, e questo è un problema che dovrebbe indurre a serie riflessioni. A questi vanno aggiunte le schede bianche e nulle, che come ha detto un giovane intervistato in tv, sono spesso frutto di una scelta: per non legittimare i candidati, nella convinzione che stavolta "scegliere il male minore" sarebbe stato uno sbaglio. Ho l’impressione che si sia rotto il patto di fiducia tra eletti ed elettori che è il fondamento della democrazia rappresentativa, e che invece di concentrasi sui toni di soddisfazione e sulle manovre per alleanze di potere, sarebbe bene che i politici si impegnassero in una riflessione approfondita mettendosi al lavoro per recuperare la fiducia della gente. Non ho grandi proposte in merito, se non quella di presentarsi agli elettori con persone nuove, serie e che abbiano a cuore il bene del nostro Paese. Avvenire per parte sua, accendendo i riflettori su questi e altri problemi svolge un servizio prezioso. Aiutare a capire è già un passo importante. Le auguro buon lavoro e la saluto con tanta cordialità.
Antonio De Biasi
      La «politica spettacolo» è stata certamente arma del Cavaliere, caro signor Zugaro, ma non solo sua. E sulla questione, su queste colonne, non abbiamo mai taciuto. Le annate di "Avvenire", nel tempo della cosiddetta Seconda Repubblica, sono lì a dimostrarlo. Il fatto è che abbiamo sempre detto la nostra (e io personalmente, decine di volte, la mia) cercando di tenerci alla larga da strilli e demonizzazioni, da isterie e faziosità. Uno stile che un po’ a proposito un po’ no, un po’ equivocandone il senso un po’ no, veniva definito "terzista". Forse è proprio per questo stile che ciò che siamo andati argomentando a qualcuno non è mai "bastato". O forse è perché ad alcuni – che magari, come lei, ci seguono con un bel senso critico – è sembrato che parlare senza gridare fosse uguale a tacere. O forse, ancora, è per la determinazione con la quale, nei nostri giudizi, senza curarci dello schieramento prevalente pro tempore, abbiamo tenuto in grande e prioritario conto le concrete ricadute e conseguenze di determinate scelte politiche tentate o realizzate. Stessa chiarezza, che si trattasse di opzioni avventurose in materia biopolitica e sanitaria (del centrosinistra) o di condoni fiscali e di normative "ad personam" (del centrodestra) o di disattenzioni (di entrambi) in tema di strutturali azioni di sostegno alla famiglia con figli. Non da oggi mi consolo pensando che degli strepiti (che prima o poi, almeno per un po’, almeno per stanchezza, si acquietano) rimane poco, dei ragionamenti invece qualcosa di più. Anche perché i fatti sono tenaci, e i problemi irrisolti non spariscono, ma ingigantiscono. Grazie comunque per tutte le sue parole e per la sottolineatura aggiuntiva sul dovere di non lavarsene mai le mani. Come sa, questo richiamo alla partecipazione consapevole è parte importante dell’informazione e dell’opinione di "Avvenire".Per questa via, arrivo al tema sollevato con altrettanta passione da lei, caro signor De Biase. Credo anch’io che per cominciare a ricostruire il rapporto di fiducia tra istituzioni politiche e cittadini, sia necessario cambiare registro e anche facce. Certamente registro, ma non solo facce (perché la politica non può essere un mestiere a vita, epperò pure in politica l’esperienza non è un lusso). Ho scritto spesso, e ripeto ancora una volta, che a forza di fare solo "aritmetica" (le sommatorie per vincere il concorso elettorale, le sottrazioni per dar vita a sempre nuovi partiti e sottopartiti) l’Italia è finita com’è finita. Cioè preda di personalismi paralizzanti e di derive autolesioniste. È facile dire che per dare una svolta finalmente e seriamente bipolare serve applicarsi alla "scienza della costruzione", che impone salde basi condivise (cioè buone per tutti) e coerenza e armonia di progetti alternativi. C’è il forte rischio, invece, che si continui con l’aritmetica, posta ancora una volta al servizio delle vecchie logiche e del vecchio spettacolo della politica. Come se né il voto né il vuoto siciliani siano stati capiti. Tant’è che la proposta di una deludente replica pare delinearsi in Lombardia. Spero ancora che non sia così e, soprattutto, spero che non accada nel prossimo voto politico generale. Altrimenti, è facile prevedere che disgusto e dissenso torneranno a prevalere. E sarà il peggiore degli spettacoli di ciò che resta della politica spettacolo. A tutto vantaggio di chi cavalca l’onda contropolitica e sulla scena da gran professionista ci sta (e ci sa stare) da una vita. Ricambio con cordialità, cari amici lettori, i vostri saluti.