Opinioni

La grande emozione per il giovane prete morto di tumore. Quel che ci dice la morte di don Salvatore

Matteo Liut mercoledì 1 luglio 2015
Ma che cosa c’è dietro all’ondata di commozione per la morte prematura di don Salvatore Mellone? È davvero solo la pietà suscitata dal giovane di Barletta che ha coronato il suo sogno di diventare prete grazie all’ordinazione concessa anzitempo a causa di una grave malattia, o c’è qualcosa di più?Perché un’infinità di persone si sono sentite parte di questa storia così triste e allo stesso tempo così piena di speranza?Perché così tanti hanno voluto dichiarare sul web o attraverso lettere la loro partecipazione?Rispondere a queste domande significa gettare uno sguardo dentro al cuore del nostro tempo e scoprire che al di là della nostra indaffarata quotidianità siamo percorsi da una irrinunciabile sete di bene. E don Salvatore, nella semplicità di un sogno inseguito con tanta determinazione, ce lo ha ricordato.Sì, perché lui avrebbe potuto tenere per sé questi ultimi mesi terreni, e invece, offrendo anche l’ultimo raggio di vita che gli restava, ha scelto di viverli nel ministero, nel servizio agli altri, nel dono totale di sé.Scelta controcorrente? Non solo: è una scelta rivoluzionaria per il nostro tempo. È la rivoluzione della vera felicità, di una pienezza di vita che tutti inseguiamo disperatamente, con tutte le nostre forze, anche se alle volte ce ne dimentichiamo. Ed ecco allora che appena un testimone ce lo ricorda rimaniamo stupiti e affascinati. Oggi forse proviamo proprio ciò che i discepoli di Gesù sperimentarono davanti al sepolcro vuoto: il buio della perdita e della morte assieme alla luce della pienezza di vita. Siamo nel centro della contraddizione che fonda l’esistenza umana: radicati in una dimensione limitata ma destinati ad altro, anzi, all’Altro.La sete del bene, la sete della felicità, la sete di eternità: diventiamo subito grati a chi ci ricorda che sono queste le nostre aspirazioni più radicate. Ecco perché oggi siamo in tanti a voler dire grazie a don Salvatore per averci offerto l’esempio di un prete che ha vissuto fino all’ultimo respiro la propria vocazione sacerdotale, cioè quell’affascinante chiamata ad aprire un varco tra cielo e terra rompendo gli steccati entro cui conserviamo le nostre ordinarie sicurezze.