Opinioni

Il direttore risponde. Quel certo clima d’intimidazione al quale non possiamo rassegnarci

Marco Tarquinio sabato 31 gennaio 2015
Caro direttore,ho letto i servizi di Avvenire e le risposte che avete dato a una lettera di aspra contestazione ai servizi di cronaca e ai commenti con cui avete accompagnato il caso del professor Zucconi, lo psicologo sospeso tre mesi dalla sua professione per decisione dell’Ordine lombardo per aver osato parlare delle terapie che possono essere attuate con persone che vivono con disagio una condizione vera o presunta di omosessualità. Vorrei portarle la mia esperienza, ma, per motivi di privacy, le chiedo di non firmarmi col mio cognome. Spero capirà, altrimenti cestini pure questa lettera. A quindici anni ho subito delle molestie, da parte di un medico. Ho rimosso. Una rimozione da manuale. Verso i diciotto anni ho ricordato tutto: una lettura che avevo fatto la sera di quel fatto e poi mai ripreso in mano, di tutt’altro argomento, mi ha fatto ricordare. Anni di disagio verso gli uomini, verso il sesso. La convinzione che forse... una donna fosse meglio. Il disagio. E poi, finalmente, la terapia. Non abbiamo mai parlato di omosessualità, ma superare le molestie mi ha restituito la femminilità e la voglia di fidarmi di un uomo. Senza terapia... chissà. Forse non avrei mai avuto il coraggio di provare con un uomo. E non sarei mai stata serena o appagata perché la mia natura mi portava a questo. Grazie per l’attenzione e per i valori che portate avanti.Anna
Gentile direttore,approfitto della lettera del dottor Puglia che ha reiterato l’argomento per porre la questione seguente: perché i nomi delle persone soggette a provvedimento disciplinare sono sbandierati, come nel caso del professor Zucconi, mentre si omette di rendere noti sia il nome del denunciate sia i nomi di chi ha comminato la sanzione? Invece io, che non sono tra quelli immediatamente sanzionabili perché non esercito, mentre mi capita che mi vengano richieste referenze da parte di possibili pazienti, vorrei tanto conoscere questi nomi, per esercitare la mia libertà di scegliere con cognizione di causa, sapendo in anticipo chi è "ammaestrato" dalla lobby Lgbt... Mi accontenta se le chiedo di non firmare con il nome per esteso?Patrizia
Caro direttore, mi associo a lei e all’ottimo Luciano Moia nel respingere fermamente le accuse infondate e arroganti del dottor Andrea Puglia, evidentemente occasionale visitatore del sito internet del nostro Avvenire. Credo che l’ingiusta sanzione comminata al professor Zucconi sia frutto di quel turbine ideologico che tuttora impera sui massmedia e che coinvolge purtroppo anche varie associazioni e qualche magistrato. Senza entrare in discorsi strettamente di fede cristiana, credo che ogni persona portatrice di un disagio esistenziale di qualsiasi natura (compresa quella sessuale) abbia il diritto di chiedere a uno psicoterapeuta di sua fiducia un trattamento adeguato per trovare sollievo nella sua quotidiana esistenza. Credo altresì che nessuna società veramente aperta ai diritti dell’uomo debba coercitivamente intervenire per sanzionare il medico che cerca di aiutare chi si trova nel bisogno.Giovanni Martinetti, Ghemme (No)
Caro direttore,ho letto con sgomento la pesante missiva del signor Puglia e condivido il vostro giudizio in merito. Come stona il titolo di "dottore" (che da sempre nell’immaginario collettivo evoca sapienza e saggezza...) con quelle parole che trasudano di arroganza ! Un’arroganza che sembra palesarsi soprattutto nel momento in cui si da per assodato che (cito) «L’omosessualità non è un "disturbo dell’identità sessuale" (semmai lo è il transessualismo), ma uno dei due possibili orientamenti sessuali che può caratterizzare la persona». Ma è proprio così sicuro quel signore che per la comunità scientifica sia così evidente che l’omosessualità stia sullo stesso piano del rapporto uomo donna? Ovviamente senza giudicare chi vive una situazione piuttosto che l’altra. Non sono un medico, ma quello che sembra decisamente evidente è che l’omosessualità spesso rappresenta un problema per chi la vive ed è raro accorgersi che ci sia qualcuno che prenda seriamente a cuore il cammino di queste persone: non lo fa certo chi le strumentalizza in modo ideologico. Certamente la Chiesa, anche se non lo si dice mai (e pure il signor Puglia sembra ignorarlo), è in prima linea nel seguire queste delicate vicende, sia da un punto di vista umano, sia sul piano spirituale. Perché, come lei ha ribadito, caro direttore, prima di tutto sono persone.Luca Cattaneo, Varese
Caro direttore,ho letto la lettera del dottor Puglia e la pacata e puntale risposta che tu e il bravissimo Luciano Moia avete dato. Mi sembra banale, ma anche doveroso, dirvi che avete tutta la mia solidarietà. Sono totalmente d’accordo con voi nel merito e nel metodo, e penso che la difesa della responsabile libertà di parola davvero non riguardi solo "Charlie Hebdo", ma stia diventando un vero e proprio scoglio anche in questo nostro mondo occidentale. Viene messa in discussione la libertà di esprimersi di chi dimostra di non voler sottostare al pensiero unico, che si vuole far passare come dominante e illuminato, ma che proprio per questo tenta di cancellare e di delegittimare chi non lo condivide – a ragione o a torto, non è qui il punto – e chiede solo di poter dire ciò che pensa. Liberamente, con rispetto, nel dialogo e nell’ascolto, ma anche con il diritto dovere di affermare con chiarezza i propri valori e le proprie scelte. Come Avvenire fa sempre e da sempre. Coraggio, quindi. E un grazie per il lavoro personale di Moia e di tutto il giornale.Francesco Belletti - Presidente del Forum delle Associazioni familiari
Grazie per queste vostre lettere, care amiche e cari amici. Sono indirizzate a noi, ma nella sostanza sono rivolte anche e soprattutto allo psicoterapeuta professor Zucconi, al quale confermiamo così, ancora una volta, stima e solidarietà. Sono ricche di contenuto, e perciò capaci da sole di suscitare diverse pertinenti riflessioni. Mi colpiscono, tuttavia, la richiesta di due lettrici di non firmare per esteso la loro rispettiva lettera. Trovo assolutamente logico il desiderio di riservatezza della signora Anna, alla quale va un grazie speciale per aver condiviso con noi, con sobria efficacia, la sua dura vicenda. Considero, invece, un ulteriore campanello d’allarme la ritrosia della signora Patrizia, una persona coraggiosa e attenta che chiede vera trasparenza in processi che così trasparenti non considera. In realtà, vorrei ricordare che in quella storia tutto è chiaro: l’Ordine degli psicologi lombardi è piuttosto trasparente visto che attraverso il sito internet rende possibile reperire molte informazioni e dato che l’identità del «denunciante», come abbiamo scritto, è nota (si tratta di uno psicologo napoletano). Eppure il problema posto dagli eccessi di prudenza (che, sia chiaro, comprendo) sono un serio campanello d’allarme e confermano ciò che è stato ben colto da tanti nostri lettori. Si punta a instaurare all’insegna di peregrine accuse di «omofobia» e di un battage vittimistico-aggressivo «filo gender» un clima intimidatorio e liberticida, si vorrebbero impedire parola e attività a chi non si allinea al pensiero dominante o presunto tale. Ovviamente noi di Avvenire non ci rassegniamo a questa dieta di «polpette avvelenate», per usare l’immagine a cui ha fatto ricorso ieri il segretario generale della Cei, il vescovo Nunzio Galantino. E neppure siamo disponibili a condirle con invettive: lo faccia chi vuole, e si guardi allo specchio se vuole la rissa. Del resto, è noto un po’ a tutti che con pacifica determinazione continueremo a resistere a quella che papa Francesco ha definito una vera e propria «colonizzazione culturale». E, grazie a Dio e a voi tutti, sappiamo di non essere i soli. Chiudo con un altro grazie speciale: a Francesco Belletti, presidente del Forum delle Associazioni familiari, deciso come noi a coniugare chiarezza e dialogo, allergia alle confusioni e totale rispetto per le persone.