Opinioni

Art. 29, monsignor Paglia, la Carta venerata e strumentalizzata. Quei “laici” che non sanno di Costituzione e laicità

Francesco D'Agostino domenica 10 febbraio 2013
Il Presidente della Repubblica ci rammenta continuamente i valori costituzionali e ci incita a difenderli e a promuoverli: noi gliene siamo grati. Roberto Benigni dedica alla nostra Costituzione una straordinaria serata televisiva; ottiene uno strepitoso successo e non sono pochi coloro che – così almeno dicono le cronache – si sono commossi nell’ascoltarlo. Sappiamo che sono tanti i benemeriti maestri che nelle nostre scuole parlano agli scolari, italiani e non italiani, della Costituzione come del fondamento della nostra comune vita civile: vorremmo che ne parlassero sempre di più. Monsignor Vincenzo Paglia, che presiede il Pontificio Consiglio per la Famiglia, in una conferenza stampa ricorda come la nostra Costituzione riconosca come coniugale solo l’unione tra un uomo e una donna: ed ecco che, inaspettatamente, si moltiplicano critiche pungenti. Il prelato avrebbe una visione conservatrice e statica della nostra legge fondamentale, si sarebbe rivelato incapace di coglierne il carattere 'elastico', l’avrebbe presentata come un testo 'sigillato' o 'impermeabile' alle nuove esigenze della società civile.Non potendo accusare l’arcivescovo Paglia di clericalismo, data l’assoluto e cristallino carattere 'laico' della sua affermazione, ecco che lo si accusa di voler considerare il testo costituzionale come 'non negoziabile', mentre in democrazia tutto, assolutamente tutto, deve poter essere negoziato (si veda soprattutto Nadia Urbinati, su 'Repubblica' del 7 febbraio, pag. 25). In parole povere il celebre articolo 29, che parla della famiglia come di una società naturale fondata sul matrimonio potrebbe essere tranquillamente letto come capace di legittimare sia le nozze gay che l’adozione da parte di omosessuali. La questione che viene così sollevata è molto più seria di quanto non si possa credere sulle prime e va addirittura al di là delle polemiche, oggi così vivaci, sulle convivenze e sul matrimonio gay: mette in gioco la possibilità che nel riferimento alla Costituzione tutti gli italiani possano trovare un collante civile. L’Italia è stato ed è un Paese diviso, e sotto molti profili: geograficamente (nord/sud), politicamente (berlusconiani/antiberlusconiani), ideologicamente (liberali/socialisti), economicamente (eccessivamente ricchi/eccessivamente poveri), spiritualmente (agnostici/credenti), fiscalmente (evasori/non evasori) e anche ormai – bisogna pur riconoscerlo – etnicamente (italiani/extracomunitari). Potremmo continuare, senza drammatizzare troppo: infatti tutte queste divisioni (o distinzioni, se così si preferisce dire) vanno situate e si manifestano all’interno di una cornice comune e unificante, che si è dimostrata capace negli anni di controllarle e di evitarne l’estremizzazione. Questa cornice è, oggi, il dettato della nostra Costituzione. È la Costituzione, più che una tradizione storica, come avviene in altri Paesi, a tenere unita l’Italia attuale. Il nostro collante sono appunto i valori costituzionali, un miracoloso equilibrio di principi cristiani, liberali, democratici e socialisti, per come essi sono espressamente menzionati nella nostra legge fondamentale. Sappiamo bene che la nostra Costituzione può essere formalmente modificata, ma solo a seguito di una rigorosa procedura. Fino a quando una modifica non venga apportata al suo testo, questo va letto e rispettato per ciò che dice e non per ciò che si vorrebbe che dicesse o che potrebbe dire, ma solo a seguito di cervellotiche letture ideologiche. Pretendere di 'vitalizzare' la Costituzione, leggendola come un testo aperto a ogni possibile negoziazione interpretativa per farle fare indebite fughe in avanti, non significa rispettarla, ma offenderla, perché ogni forma di lettura 'avanzata' del suo testo ne implica una vera e propria strumentalizzazione. Mi spiace per i laicisti che non sono arrivati a capirlo, ma il riferimento fatto da monsignor Paglia al matrimonio, secondo il dettato dell’articolo 29 della nostra Costituzione, è un esempio di laicità così limpido, che dovrebbe far arrossire coloro che si ritengono laici, senza esserlo minimamente. ​