Opinioni

Quei preti tra la gente che non fanno mai notizia

giovedì 23 agosto 2018

Gentile direttore,

anche in occasione del recentissimo tragico evento del crollo del ponte di Genova, come in altre situazioni di calamità, i mezzi di comunicazione hanno dato risalto alla presenza di psicologi, subito in campo al seguito di vigili del fuoco e protezione civile, per dare sostegno ai superstiti e alle famiglie delle vittime. Ma che fine hanno fatto i nostri preti, i religiosi e le suore e, soprattutto, il conforto della fede quando la morte irrompe nella vita di tutti i giorni? Possibile che di fronte alla morte debbano essere gli psicologi a dare una parola di sostegno, magari di senso, a chi è rimasto in vita? Possibile che la Chiesa, che ha fondamento in Colui che è risorto dalla morte, Gesù Cristo, si occupi solo dei funerali dei morti e, a volte, di aiuti pratici, ma non di offrire primariamente a chi è sopravvissuto o è oppresso dal dolore della morte di un caro o un congiunto, un senso alla sofferenza e alla morte e una speranza che vada oltre a quella che offre il mondo, cioè quella di un risarcimento economico e di una giustizia legale? Ma cosa sta succedendo? Ma che senso ha essere cattolici, magari anche preti o devoti 'praticanti', e poi confidare nello Stato, nella magistratura e nella psicologia di fronte a eventi che sono fuori della portata umana (catastrofi, terremoti, alluvioni...). Eppure è scritto chiaramente nella Bibbia: «Maledetto l’uomo che confida nell’uomo, che pone nella carne il suo sostegno e dal Signore si allontana il suo cuore... Benedetto l’uomo che confida nel Signore e il Signore è sua fiducia...» (Geremia 17,5-8).

Sergio Vicàri, Roma

Conta ciò che accade davvero oppure ciò a cui gran parte dei «mezzi di comunicazione» decide di «dare risalto»? I preti che fanno i preti non fanno notizia... e se stanno tra la gente e non sui giornali (perché i giornalisti non li 'vedono' e non lo li fanno 'vedere'), non esistono! Questioni ormai vecchie, e oggi di più stringente attualità. Devo però concludere, gentile signor Vicàri, che forse lei non ha letto abbastanza 'Avvenire'. Spero, comunque, che abbia sfogliato il nostro giornale di mercoledì 22 agosto 2018, perché vi avrà trovato riassunte in una pagina a tema, dopo gli articoli precedenti, informazioni utili per rispondere alle sue domande. Vi avrà trovato il racconto dell’intensificarsi, in questi giorni di dolore e di lancinanti domande, dei pellegrinaggi al santuario genovese per eccellenza, quello dedicato alla Madonna della Guardia. E vi avrà trovato non solo il quadro delle opere di carità concreta della Chiesa, ma anche i nomi dei sacerdoti che stanno portando quel 'soccorso spirituale' che lei non trova neppure evocato in altre cronache. Detto questo, mi sento solo di aggiungere che ognuno deve fare la propria parte. Credere in Dio e affidarci alla provvidenza del Padre, da cattolici non ci esenta in alcun modo dallo spenderci in prima persona con le nostre 'competenze' (da psicologi come da ingegneri o sanitari...) quando ciò è necessario, non ci esime dal cercare giustizia anche su questa terra, dal prenderci cura del prossimo. Anzi, ci sprona a farlo. Rilegga, se vuole, la seconda lettera di Giacomo: la fede senza le opere è morta.