Opinioni

Il direttore risponde. Le previsioni dei governi e la realtà dell'economia

Marco Tarquinio giovedì 14 agosto 2014

Signor direttore,
 

nell’articolo pubblicato l’8 agosto su “Avvenire” sotto il titolo: «Pil, così la crisi ha sempre smentito le previsioni» si trova scritto in particolare quanto segue: «I governi che si sono succeduti hanno puntualmente intravisto un miglioramento dell’economia (…) basta rileggere i documenti ufficiali. Nel settembre 2011 (…) il governo Berlusconi (con Tremonti all’Economia) stimava (…) che il Paese sarebbe cresciuto dello 0,6% nel 2012, dello 0,9% nel 2013 e dell’1,2% quest’anno». Ciò che va per cominciare notato è che la legislazione italiana sul pubblico bilancio impone di formulare previsioni sviluppate sull’intero futuro triennio. È evidente che nel pieno di una crisi forte come quella che stiamo vivendo e vedendo, previsioni di questo tipo, per cui si impongono perfino i decimali, non sono un esercizio “chimerico”, come suggerito nel vostro articolo, ma addirittura aleatorio. In ogni caso mi permetto di notare che nel settembre del 2011 le nostre previsioni erano basate sulla media di quelle fatte dai principali istituti di ricerca nazionali ed internazionali, e tutto allora si poteva prevedere tranne che gli effetti devastanti del governo Monti. Per valutare oggettivamente la realtà italiana del 2011 basta rileggere le “considerazioni finali” fatte ancora nel maggio 2011 dalla Banca d’Italia: «La gestione della crisi è stata prudente», «le correzioni necessarie in Italia sono inferiori a quelle necessarie in altri Paesi Europei», «l’obiettivo di pareggio di bilancio al 2014 è appropriato»… Distinti saluti.

Giulio Tremonti

Sappiamo ormai bene da anni che in Italia le “colpe” politiche e amministrative sono sempre di altri... Il breve e documentato articolo curato da Nicola Pini a cui il senatore professor Tremonti fa riferimento segnalava, invece, il continuo scarto tra le previsioni dei governi che si sono succeduti dal 2011 a oggi e la realtà della nostra economia in serio affanno. E questo, piaccia o non piaccia (e a noi di “Avvenire” non piace affatto), è purtroppo un dato incontrovertibile. (mt)