Opinioni

Carcere. Presepi coi legni di Lampedusa: l'Opera che sostiene e rigenera

Giorgio Paolucci domenica 19 dicembre 2021

Non è finita in fondo al mare la memoria dei migranti naufragati a Lampedusa. Tanti ricordano, e il Papa aiuta a farlo. Ma rivive anche in un presepe. Un’esperienza di sofferenza e di morte diventa annuncio di vita, in un misterioso intreccio che vede protagonisti uomini con le mani macchiate di sangue, ma desiderosi di testimoniare il loro desiderio di rinascita.

È un miracolo di Natale quello che accade in questi giorni nel laboratorio di falegnameria del carcere di Opera, alle porte di Milano, dove un gruppo di detenuti costruisce presepi utilizzando i resti dei barconi affondati al largo di un’isola che grida al mondo il dolore e il desiderio di felicità che muove tante persone verso l’Europa. I detenuti hanno imparato a intagliare e a cesellare da Francesco Tuccio, il falegname che da anni recupera i resti dei barconi restituiti dalle mareggiate trasformandoli in croci che hanno fatto il giro del mondo, segno di morte e di redenzione.

Lui, figlio di un maestro d’ascia, ha insegnato l’arte della rigenerazione a chi ha un passato abitato dal male. Dai suoi consigli nascono presepi dove il manto di Maria è azzurro come la vernice di una barca, il tetto della capanna è coperto da brandelli di reti e le travi conservano tracce dei colori che rivestivano gli scafi prima che diventassero relitti. È una Natività essenziale e spoglia, come quella di duemila anni fa quando Dio ha abbracciato l’umanità in tutta la sua miseria. Claudio, una delle persone detenute che lavora nel laboratorio di falegnameria, racconta con queste parole l’avventura che sta vivendo: «C’è un carico di umanità sofferente che attraverso questi legni passa nelle nostre mani. Mani che hanno commesso reati gravi, mani che trasudano sangue eppure diventano strumento per un inno alla vita. Costruendo questi presepi, partecipiamo anche noi alla nascita di Gesù che diventa sorgente di rigenerazione per la nostra esistenza, e ci rendiamo conto che il male commesso non è l’ultima parola sulla nostra vita. È un piccolo grande miracolo di cui siamo diventati indegnamente protagonisti, e che mi colma di gratitudine».

Si sente indegno, Claudio, ma dice la verità: la Buona Notizia è qualcosa che riguarda anche lui e quelli come lui. E noi tutti, come lui. La Buona Notizia non nasce dalla coerenza, dall’essere moralmente a posto, nasce dall’Amore di Dio capace di abbracciare tutte le fragilità e di venirci a visitare ovunque ci troviamo. Artefice dell’iniziativa è Arnoldo Mosca Mondadori, presidente della Casa dello Spirito e delle Arti, grazie al quale è stato possibile fare arrivare il legname dei barconi a Opera, coinvolgendo Francesco Tuccio come formatore delle persone detenute. Il primo presepe è stato donato a papa Francesco, che in passato già aveva ricevuto e benedetto la croce costruita con i legni dei relitti. In questi giorni, le piccole Natività prodotte in carcere vengono messe a disposizione di quanti vogliono contribuire a sostenere questa esperienza di riscatto. Non hanno prezzo, l’entità delle offerte viene lasciata alla libertà di chi le richiede, ben sapendo che con il suo contribuito sostiene un’opera di grande valore. Il ricavato viene devoluto alle famiglie di coloro che costruiscono i presepi: mogli e figli che sperimentano la sofferenza per la lontananza dai loro cari e si misurano con le ristrettezze economiche e lo stigma di cui restano spesso vittime.

Chi è interessato può scrivere a casaspiritoarti@gmail.com. In molti si sono già fatti avanti per comprarli, tra loro alcuni nonni che regalando i presepi ai nipoti raccontano - come solo un nonno o una nonna sanno fare – il carico di dolore e insieme il desiderio di felicità che impregnano quei legni, le sofferenze di cui sono stati testimoni e il messaggio che portano con sé. Possono bastare poche parole, pronunciate con la saggezza di una persona anziana, per testimoniare alle giovani generazioni che il Dio dell’amore si è fatto carne per condividere le fragilità e le speranze di ogni uomo e di ogni donna. È così che Natale parla al cuore di tutti noi come un avvenimento presente, che dopo duemila anni continua a sorprenderci. Può arrivare da un carcere la luce che illumina il mondo.