Opinioni

L'OSPITE - Europa/1. Rilettura dei padri fondatori. Popolari e sussidiari non «conservatori»

Mario Mauro - Presidente della delegazione italiana nel Partito popolare europeo mercoledì 7 marzo 2012
L’ex can­cel­liere tedesco Helmut Kohl lo ha scritto sulla Bild qualche giorno fa: «La mia visione per l’Europa era e resta quella dei padri fondatori dell’Europa: è la visione dell’Europa unita, ciò che significa la visione di una convivenza sempre più stretta, sempre più insieme e interconnessi nel nostro continente». Dobbiamo domandarci che cosa è rimasto, oggi, della visione dell’Europa dei padri fondatori, in una fase di profonda crisi economica, ma anche culturale e politica. Quell’intuizione originaria ha prodotto un metodo positivo, ha fatto la fortuna economica dell’Europa consentendole sessantacinque anni di pace e di sviluppo, il più lungo periodo della storia d’Europa con assenza di conflitti. Questi sessantacinque anni hanno avuto un’incidenza profonda sulla crescita e sulla prosperità economica. Hanno inciso sulla libera circolazione delle idee. Hanno portato sempre di più a un’idea di Europa come terra agognata per tutti coloro che vivono in costrizione. Il vero dramma del progetto politico europeo, nato per sovvertire il clima tragico della fine degli anni Quaranta, consiste oggi nel non saper più declinare il pensiero che lo fonda. Persiste una sorta di congiura del silenzio all’interno della quale è veramente ben difficile riprendere le redini di una responsabilità politica nei confronti delle nuove generazioni. L’Europa ha beneficiato, non per merito proprio, dell’implosione del comunismo, ma fatica a riconoscere i fattori che, dal punto di vista morale e spirituale, l’hanno prodotta. In che cosa realmente crede l’Europa per potere pretendere di condurre una battaglia ideale che si affermi come principio di libertà per tutti i popoli del mondo? L’unica chance per l’Europa di continuare a esistere è di tener conto delle esigenze della persona, della storia millenaria che ha fondato la cultura europea. La ricchezza dell’Europa sta nella diversità delle sue culture, tutte da difendere e promuovere, inclusa quella che per più tempo ha dato forma all’Europa facendone un faro di civiltà: la cultura cristiana. «Ciò che ci unisce è più forte di ciò che ci divide» è la frase che Konrad Adenauer, Robert Schuman e Alcide De Gasperi amavano ripetere. Queste parole ci fanno comprendere il contributo essenziale che uomini come loro hanno portato alla sconfitta delle ideologie totalitarie. È la domanda di una nuova società europea, rispondente alla maturità civile e morale del popolo e allo sviluppo dell’energia che ne deriva. Libertà religiosa, libertà d’educazione, libertà d’impresa, cooperazione tra i popoli, questa è la pace duratura che volevano i padri fondatori. Se quella pace c’è stata ed è ancora una certezza nel nostro continente, lo si deve essenzialmente ad una geniale intuizione figlia di un approccio cristiano alla politica. Possiamo sperare di uscire dalla drammatica situazione attuale se, liberandoci da ogni presunzione ideologica, siamo disponibili a riconoscere quel qualcosa che ci unisce. La ricetta del Partito popolare europeo non coinciderà con quella del conservatorismo europeo quanto più riuscirà a fare propria la lezione dei padri fondatori. Il ruolo dei cattolici è essenziale per favorire il ridestarsi del progetto europeo: essi sono infatti un fattore di unità di cui difficilmente si può fare a meno. «L’Italia vuole uscire dalla crisi ed essere ancora una volta una forza trainante della costruzione europea, integrazione europea non significa affatto un superstato, ma un continuo operare del principio della sussidiarietà». Credo che il dialogo possa partire da queste parole che il Presidente Monti ha pronunciato due settimane fa a Strasburgo. Questa è la cultura europeista a cui tutti dobbiamo guardare per non rischiare di guardare l’Europa come un ente omologante e lontano anni luce dai cittadini. Di fronte alle sfide di oggi i padri fondatori ci dicono di non chiuderci, ma di proseguire con uno spirito aperto, creativo e lungimirante. Sono convinto che tutte le forze politiche presenti in Europa non possano guardare al futuro prescindendo da questo messaggio, che vale per tutti. Il progetto europeo avrà un futuro se i partiti riusciranno a costruire un dialogo che vada oltre i confini ideologici anche per fermare la pericolosa avanzata degli euroscettici e dei populisti.