Opinioni

Il direttore risponde. Politica, manette e regole elettorali

venerdì 22 luglio 2011
Caro direttore, era quantomeno prevedibile che, l’equipaggio della kasta, le oligarchie, sulla nave nel mare in tempesta, lanciassero il salvagente ad almeno uno dei compagni di viaggio (il senatore di centrosinistra ed ex Pd, Alberto Tedesco) scivolati dentro le onde avvolgenti. È un atto che fa emergere quanto di complicità esiste nel guardarsi a vicenda le spalle... La complicità è talmente forte e profonda che a Palazzo Madama i confini dei raggruppamenti politici sono scomparsi in nome della kasta. Anche la sinistra è lacerata: capitani e nostromi non riescono a trovare la bussola e, quindi, la nave naviga a vista urtando gli scogli di qua e di là. Il Pd è un partito pieno di radicali chic che assomiglia tanto a quella gente che va in chiesa solo per farsi vedere.Anche queste sono le conseguenze del Mattarellum, prima, e, poi, del Porcellum. E bastano per spiegare l’unanimità (o quasi) della kasta contro il sistema proporzionale con la preferenza e sbarramento al 4 per cento. Già, ma quando manca la collegialità emerge il "capo", il padrone. L’assenza della democrazia anche all’interno del partito. Perché non esiste partito senza collegialità e senza democrazia. E oggi invece adepti ed eletti non hanno alcun potere decisionale, devono soltanto assecondare la volontà di chi sta in alto. Io penso che con questo sistema elettorale non è più possibile andare alle elezioni. Che andiamo a fare ai seggi? A perdere tempo, a ritrovarci punto e a capo! Va cambiato sistema elettorale. E l’unico sistema che ci consentirebbe di fare un po’ di pulizia in Parlamento e nei partiti è il sistema proporzionale con la preferenza e con l’introduzione dello sbarramento al 4 per cento. So che è difficile arrivare a una soluzione che dovrebbe essere quasi naturale. Ma dobbiamo impegnarci. Io dico che è un dovere morale di ogni italiano che ama l’Italia.

Ilario Maiolo, Roma

Credo che le sue valutazioni e convinzioni siano legittime, caro signor Maiolo, ma le mie sono in parte diverse. Lei accusa la classe politico-parlamentare (quella che definisce kasta col "k") di mirare solo ad autotutelarsi in quanto tale. Direi che è più che un sospetto e meno di una verità. Se, infatti, è vero che a Palazzo Madama mercoledì sera è stato detto "no" agli arresti domiciliari per il senatore Tedesco, è altrettanto vero che a Montecitorio è stata addirittura autorizzata (e per la prima volta nella storia della Repubblica per un reato non riconducibile a violenze e fatti di sangue) la carcerazione del deputato Papa. Non si può, insomma, dire che ci sia – o che si sia palesata – una autotutela assoluta dei parlamentari. Mentre, a mio avviso, si possono scorgere diversi (e non coincidenti) secondi fini.Ho visto, infatti, svilupparsi freddi giochi politici anche su questioni calde e delicate come quelle che attengono alla limitazione della libertà di un uomo. E sono arrivato alla conclusione che la traduzione in cella di Alfonso Papa, giusta o sbagliata che sia, è stata decisa non per se stessa, cioè per questioni di merito relative al suo coinvolgimento nella cosiddetta inchiesta P4, ma per ciò che ha rappresentato: una svolta nella vicenda politica della XVI legislatura, con l’apparizione alla Camera dei "numeri magici" – il Pdl e i suoi alleati in minoranza rispetto a una inedita maggioranza d’aula – che non s’erano materializzati il 14 dicembre 2010, quando Gianfranco Fini giocò e perse la sua grande partita sulla sfiducia al governo Berlusconi. Tecnicamente, stavolta, non s’è trattato di un voto diretto contro il premier, ma politicamente – per il ruolo giocato dalla Lega capitanata nell’occasione addirittura dal ministro dell’Interno – il colpo al governo e al suo capo è risultato duro e fragoroso.Ho visto, poi, anche discutibili giochi di prestigio, nel senso dell’illusionismo. Un deputato, per di più ex magistrato, avviato in cella per motivi cautelari è un vero evento. Tanto grosso da coprire una serie di eventi mancati? Io non credo, ma qualcuno potrebbe sperarlo. Magari chi ha interesse a far dimenticare il "no" in aula all’abolizione delle Province, il sì al rallentatore e al futuro (tanto di "doman non v’è certezza") ai tagli delle onorevoli spese, degli onorevoli stipendi, di certi disonorevoli privilegi e di tante mal utilizzate scorte... Ieri, a Montecitorio, s’è deciso un ridimensionamento del bilancio piccolo piccolo. Tra mugugni, alzate di spalle e la sola – a quanto risulta – protesta di Mimmo Lucà che avrebbe voluto una "Finanziaria di palazzo" più severa...Un’ultima annotazione sulla legge elettorale. Se è davvero una "medicina" per la cattiva politica, dobbiamo concludere che a noi italiani è andata ripetutamente di traverso... Ricordo solo che nel 1993 si lodavano e gridavano le virtù taumaturgiche del maggioritario. Oggi si cantano di nuovo quelle del proporzionale (con sbarramento). E io so che si tratta di una via praticabile e ben praticata. Personalmente, però, non mi entusiasmo più per nessuna soluzione. Ho capito – e non credo di essere il solo – che tutte possono essere usate male, e anche malissimo. Per questo auspico prima di tutto qualcosa di realmente decisivo: che venga restituito a noi elettori il potere di esprimere la preferenza per gli uomini e le donne che devono rappresentarci; non possiamo essere costretti a votare soltanto per i partiti (ridotti quasi tutti a puri involucri) e, indirettamente, per i loro capi... Non scopro nulla se ripeto che bisogna che gli eletti tornino a riferirsi e a render conto ai cittadini. È una condizione morale della politica, e ne è un elemento moralizzatore.