Il direttore risponde. Piccola storia di solidarietà e amicizia vissuta al femminile, e che tocca tutti
Gentile direttore,
ecco una piccola simpatica storia. Sono pediatra in una valle lombarda e tra i miei assistiti ci sono (pochi) stranieri e alcuni di loro sono figli di immigrati del Maghreb. Incontro nei giorni scorsi una mamma tunisina appena rientrata dal suo Paese. Mi racconta delle vacanze, dell’acquisto di una casetta, in modo che non saranno più ospiti dei parenti, della circoncisione dell’ultimo figlio. La rivedo dopo pochi giorni in studio. Mi racconta più diffusamente della festa della circoncisione, mi regala confetti in una originale confezione e un piatto di dolci tipici con datteri, che si preparano per quella occasione. Poi, anche se il motivo della visita era una semplice tosse, mi chiede di controllare l’intervento eseguito al bambino. «Tutto bene, signora, intervento ben fatto!», dico. E lei sorride contenta. Sento che nel corso degli anni sono nate fiducia e stima reciproche, necessarie per il mio lavoro e una particolare simpatia, al di là delle diverse culture e religioni, che potrebbero dividerci. Forse, basta poco per far vivere insieme persone con fedi e culture diverse: un po’ di gentilezza, ascolto, conoscenza e fiducia. Ieri sera, con amici ho gustato i dolcetti tunisini, pensando a quante mamme italiane scarseggino in riconoscenza e non condividano, al di fuori della famiglia, i momenti belli di festa religiosa e no. Forse che noi si possa imparare qualcosa dagli stranieri, così malvisti da più d’uno in questo periodo?
Elisabetta Musitelli, pediatra a Zogno (Bg)