Opinioni

Tre imprese condivise da (quasi) tutti. Per iniziare

Leonardo Becchetti venerdì 2 marzo 2018

Il Paese trattiene il fiato e aspetta il voto del 4 marzo. L’Italia però non può fermarsi, ed è opportuno cominciare a pensare a cosa potremo fare da lunedì 5 in poi, qualunque sia l’esito delle urne. Siamo un Paese che ha una storica tradizione di campanili, partigianerie, rissosità. Dovremmo invece iniziare subito dopo il 4 marzo – cito l’autorevole voce super partes del cardinale Bassetti, presidente della Cei – a ricostruire, ricucire e pacificare prendendo esempio da altre nazioni dove su alcune questioni chiave ci si rimbocca le maniche e si lavora tutti insieme perché c’è bisogno di tutti per affrontare sfide difficili. Ci sono infatti, in ciascun ambito, alcune indubitabili direzioni di progresso su cui gli esponenti di tutti i partiti dovrebbero e potrebbero convergere.

Una di queste deve partire da una constatazione: le imprese che oggi sono indietro sul tema della sostenibilità ambientale sono le perdenti di domani. Basti guardare ai risultati di analisi econometriche che documentano come sui mercati finanziari le imprese quotate con reputazione ambientale negativa hanno un rapporto prezzo-utili significativamente inferiore alle altre. Siccome i prezzi azionari crescono al valore degli utili futuri attesi, ciò vuol dire che gli investitori e i mercati "sentono" (regolandosi di conseguenza) che queste imprese resteranno indietro nella sfida competitiva con le altre. Un’attenzione che, per capirci, li rende in grado di "anticipare" eventi come la decisione della Corte Federale tedesca della possibilità di divieto alle auto diesel nei centri urbani. Per fare singoli esempi è da un po’ che la Tesla (innovatrice nell’ambito delle auto elettriche) ha superato la Ford come valore di mercato in Borsa nonostante la prima produca ancora pochi esemplari e la seconda milioni di auto in tutto il mondo. Retrospettivamente il legame tra sostenibilità ambientale e competitività avrebbe aiutato l’Ilva a scegliere per tempo la strada giusta. Qualche decennio fa la sua gemella West Alpine che produceva acciaio presso il centro urbano di Linz in Austria ha pensato bene di investire in modo sensibile nella sostenibilità ambientale della propria produzione. E oggi è una delle leader della produzione di acciaio europea mentre l’Ilva (dove è finita come sappiamo) è diventata sinonimo di una duplice crisi e teatro di dispute ideologiche che tipicamente imperversano quando vengono a mancare sia capacità di visione sia concretezza e pragmatismo.

Tornando al 5 marzo questi fatti dovrebbero insegnare a chi fa politica che si può e deve procedere concordemente in direzione della sostenibilità ambientale. Innanzitutto con tre mosse che appaiono multipartizan e compatibili con le diverse visioni. Mosse che traggono ispirazione da un recente documento che con "La Scienza al Voto", come gruppo di studiosi italiani, abbiamo proposto alla firma delle diverse forze politiche nella giornata di ieri, prima del voto, ispirandoci a un processo analogo accaduto nel Regno Unito.

La prima è una riforma della fiscalità dei consumi e d’impresa che premi le scelte di sostenibilità ambientale. Su questo il consenso è amplissimo e va da Legambiente (che propone da qualche anno la rimodulazione delle aliquote per premiare l’«economia circolare») al recente programma per il Paese di Confindustria che include esattamente lo stesso punto. La sostenibilità ambientale non è solo fondamentale per il futuro del pianeta ma è anche il sentiero obbligato per la sostenibilità economica futura. Scelte fiscali come quelle indicate possono dare un impulso fondamentale a questo necessario cambiamento di rotta. Le forze politiche italiane dovrebbero arrivare concordi su quest’obiettivo alla prossima riforma dell’Iva in sede europea con una strategia chiara per contrastare il dumping sociale e ambientale e favorire regole commerciali orientate al bene comune e alla sostenibilità.

La seconda sono aiuti allo sviluppo per finanziare investimenti in agricoltura familiare nei Paesi del Sahel e nelle altre zone più colpite dal riscaldamento climatico. Che avrebbero un ruolo fondamentale per la cattura di anidride carbonica, la riduzione di una delle cause dei conflitti che è la pressione antropica insostenibile su territori sempre più depauperati di risorse naturali, la redistribuzione del reddito in quelle aree e la riduzione della pressione migratoria verso le nostre coste.

Il modo più intelligente per 'aiutarli a casa loro' è questo perché combina diversi fattori e muove nella direzione giusta della creazione di valore economico ambientalmente sostenibile.

La terza è un’accelerazione (anche incentivata se necessario) verso il lavoro agile. Tra qualche anno ricorderemo come preistoria il fatto che ogni mattina prendevamo la macchina tutti insieme per andare al lavoro. La rete ha portato con sé la possibilità di lavorare senza necessaria simultaneità di tempo e di spazio in moltissimi ambiti professionali. Con un giorno almeno di lavoro remoto a settimana avremo un ambiente più pulito, meno traffico e maggiore armonia tra lavoro e vita familiare e di relazioni. E più tempo per le relazioni e la famiglia è un bene prezioso di cui abbiamo assoluto bisogno se vogliamo contrastare la crisi demografica e di futuro che stiamo vivendo.