Opinioni

Impegno in Terra dei fuochi. Nadia Toffa, Giuseppina e le mamme: l'amicizia come grazia

Maurizio Patriciello mercoledì 14 agosto 2019

Non aveva ancora trent’anni, Giuseppina, quando fu aggredita dal cancro. Lottò contro il mostro con tutte le sue forze, alla fine dovette arrendersi. Andai a trovarla con Nadia Toffa, giovane e intraprendete giornalista inviata dalle Iene in "Terra dei fuochi". Giuseppina s’illuminò, ci raccontò la sua odissea e ci confessò il terrore che la divorava al pensiero di dover abbandonare la sua piccina. Nadia la ascoltava con attenzione, le teneva la mano, la incoraggiava; la fissava negli occhi con dolcezza, rabbia, compassione.

Quel giorno mi fu chiaro che Nadia Toffa non era solo una brava e coraggiosa giornalista, amante della verità, ligia al dovere, ma una donna capace di entrare nell’animo di chi le stava davanti, tanto che mi feci da parte e lasciai sole le due donne. Varcando la porta, alla fine del servizio, mi disse: «È terribile, padre. Come si fa?». E intanto andava alla ricerca delle cose da denunciare, del colpevole da mettere alle strette, delle cause da individuare. Poco prima avevamo incontrato alcune delle tante "mamme orfane" che hanno dovuto accompagnare al camposanto i loro figli in tenera età. C’era un nesso di causalità tra i rifiuti sversati in modo illegale e dissennato nelle nostre terre o bruciati ai bordi delle strade e il cancro che stava decimando il nostro popolo? Noi abbiamo sempre pensato di si, ma non possiamo affermarlo con certezza, non siamo scienziati, non siamo politici, siamo solo il "popolo sovrano" che non sempre viene tenuto in considerazione. Noi possiamo solo raccogliere i sintomi, la diagnosi spetta agli esperti. Purtroppo questo nodo a prima vista semplice è più difficile da sciogliere di quanto si possa credere.

La speranza e la voglia di vivere di Giuseppina, le storie delle "mamme orfane" coinvolsero la giovane giornalista. Tra loro nacque un rapporto bello e trasparente che si è esteso anche agli altri volontari e si è mantenuto vivo nel tempo. Non avremmo immaginato che, pochi anni dopo, anche lei si sarebbe ammalata di cancro. Abbiamo seguito con apprensione lo svolgersi della sua malattia. Abbiamo sofferto e temuto per la sua vita nei momenti bui, abbiamo gioito nel rivederla poi al suo posto di lavoro.

Ebbe il coraggio di rivelare a tutti ciò che le stava accadendo. Ho sempre apprezzato questa decisione. Era un personaggio pubblico, sapeva che i suoi ammiratori e ammiratrici si chiedevano che cosa fosse mai accaduto quella mattina di dicembre a Trieste, quando, per la prima volta, svenne in un albergo. E ha ritenuto opportuno informarli. «Questa è una parrucca», disse toccandosi i capelli in televisione, «e io non me ne vergogno». Già, perché non c’è niente che fa soffrire di più un ammalato del vivere con vergogna la sua patologia come se fosse un vizio. Ha continuato a lavorare, a lottare, a impegnarsi fino a quando ha avuto un briciolo di forze. In primavera le mandai un video da me registrato nelle nostre campagne ancora invase di rifiuti delle aziende che, dopo anni di lotta, di omissioni e promesse non mantenute da parte delle autorità, ancora lavorano in regime di evasione fiscale. Lei lo pubblicò sui suoi profili Istagram e Facebook, chiedendo a tutti di amplificare la mia voce: «Fate girare il più possibile. Spero che qualcuno prenda provvedimenti. Questo prete è abbandonato a se stesso con la sua gente. Non so per quanto tempo resisterà ancora. Grazie se parteciperete alla sua lotta pacifica contro la camorra».

In questi ultimi mesi il suo silenzio sui social non lasciava intravedere niente di buono. Tutti capivamo quello che nessuno voleva ammettere. Nadia Toffa se ne è andata alla vigilia della Madonna Assunta in cielo, la Pasqua di Maria. Ha voluto che fossi io a celebrare i suoi funerali. Le sono grato. Non nascondo che mi costa molto, ma sono felice di andare a Brescia e donarle il meglio di ciò che ho ricevuto: la celebrazione della Santa Messa. Portarle la gratitudine della nostra gente e ricordarle, ancora una volta, che "l’amicizia è nata tra noi come una grazia".