Opinioni

Vigilia tesa in Francia. Calcio, Parigi e quelle nubi nere sull'Europeo

Daniele Zappalà  mercoledì 8 giugno 2016
Da qualche giorno, dopo le alluvioni che hanno messo a soqquadro così tante contrade francesi, un manto di nebbia avvolge al mattino lo Stade de France, conferendo un’aura senza tempo a quello che fu il teatro dei Mondiali di calcio del 1998 e del più grande successo mai vissuto dagli sportivi transalpini. Pare un sipario leggero pronto ad aprirsi sugli Europei. Ma dietro quella cortina, per ora, pochi francesi osano immaginare nuovi trionfi sensazionali. Sarebbe già molto se la partita inaugurale di venerdì sera, Francia-Romania, servisse davvero da soglia fra le cicatrici degli ultimi mesi e la gioia rotonda del pallone di cuoio. Fra le scene di concitazione disperata dello scorso autunno incise dal terrorismo nella memoria profonda transalpina e gli urrà corali dagli spalti capaci di trasmettere pure fuori onde concentriche energizzanti. «Tutto è stato predisposto per assicurare la massima sicurezza, anche se il rischio zero non esiste», recita il mantra adottato da settimane dalle autorità. Ma in ogni caso, «non occorre lasciarsi impressionare», ha aggiunto domenica sera il presidente socialista François Hollande, visitando i Bleus, in raduno preparatorio vicino a Versailles. Lo scorso 13 novembre, Hollande venne sfidato frontalmente dall’idra jihadista proprio mentre si trovava sugli spalti dello Stade de France per assistere all’amichevole Francia-Germania. Appena fuori dall’impianto, risuonarono le prime bombe del vortice d’orrore, seminando il panico fra gli spettatori, giunti lì per vivere un antipasto delle future emozioni degli Europei. Alla vigilia, dato che occorre pensare al calcio giocato, tifosi e commentatori sportivi si chiedono se lo spogliatoio francese resterà compatto. L’esclusione dalla selezione del ventottenne franco-algerino Karim Benzema, cannoniere del Real Madrid, ha attirato strali urticanti sulla Federazione transalpina e sull’ex pupilla del centrocampo juventino Didier Deschamps, il tecnico dei Bleus. Il grande escluso e un certo Eric Cantona hanno dato corda persino ad insinuazioni di razzismo, soprattutto contro Deschamps. Ma i sondaggi danno un chiaro responso: per l’80% dei francesi, tecnico e Federazione hanno ragione. Per soffocare la diatriba sul nascere, è accorso pure un glorioso veterano dei Mondiali ’98 come Lilian Thuram, recordman assoluto per numero di selezioni nei Bleus (142) e adesso alla guida di una fondazione per la lotta contro il razzismo nello sport: «Non si rendono conto che la nazionale francese è una marca che occorre difendere», ha scandito alla radio Thuram, ricordando che Benzema, asso calcistico dal talento indiscutibile, ha brillato molto meno fuori dai campi, tanto da essere indagato per concorso in tentata estorsione ai danni del collega Mathieu Valbuena. La Federazione l’ha escluso proprio per questo. In sé, la polemica è da dimenticare. Ma forse, l’esplosione improvvisa del 'caso' è pure l’ultima cartina al tornasole di una Francia sul bordo di una crisi di nervi che vorrebbe adesso semplicemente godersi un po’ gli Europei, dopo averli a lungo preparati. In pochi mesi, il Paese ha trangugiato emozioni come ne basterebbero normalmente per sconvolgere un decennio: una Francia atterrita, arrabbiata, alluvionata. Atterrita dai commando jihadisti e in ansia pure dopo ogni successivo annuncio sulla «minaccia mai tanto elevata». Arrabbiata visceralmente per la bozza di legge El Khomri sul diritto del lavoro, magari più tenera delle riforme già sopportate in altri Paesi europei, ma resa probabilmente indigeribile oltralpe pure dai vecchi riflessi di grandeur alimentati da generazioni di dirigenti di destra e sinistra, accomunati in fondo da una certa magniloquenza ereditata da De Gaulle.  Alluvionata drammaticamente, adesso, soprattutto fra le contrade nella bella valle della Loira, ma nel quadro di sconvolgimenti torrenziali che hanno fatto tremare pure Parigi, dove la celebre statua dello zuavo, fra le arcate del Ponte dell’Alma, è stata sommersa fin sopra la cintura, quando la Senna ha superato la soglia di massima allerta: 6 metri sopra il livello normale. Altrove, le acque impazzite dei fiumi hanno seminato morte e provocato danni per oltre un miliardo di euro. Nel frattempo, gli scioperi nei trasporti non sono finiti. Anzi, quello dei piloti dell’Air France minaccia direttamente la prima settimana degli Europei. Insomma, quasi tutto sembra remare contro un sano e onesto godimento della competizione. Ma nelle ultime ore, il vasto slancio nazionale di solidarietà verso gli alluvionati per salvare il salvabile nelle campagne e nei comuni sott’acqua, come Montargis e Nemours, è pure divenuto il simbolo di una Francia capace di riscoprire le migliori virtù. L’ex direttore della Croix, Bruno Frappat, ha scritto: «Questi incubi climatici sono delle occasioni per sognare una società capace di tenersi in piedi con la forza della volontà e i riflessi degli abitanti, con un carburante del cuore la cui penuria non si fa mai sentire. Il silenzio che cade sulle nostre cittadine a lutto e inghiottite è un invito al silenzio interiore di ciascuno».   All’insegna della solidarietà è pure l’ultimo annuncio della sindaca di Parigi, la socialista Anne Hidalgo. La stessa capitale che si prepara ad abbracciare idealmente l’Europa calcistica aprirà all’incirca nelle stesse settimane il primo campo profughi urbano della propria storia recente, per «non lasciare in mezzo al fango» chi fugge dai drammi bellici del Medio Oriente o del Corno d’Africa. L’annuncio ha spiazzato persino l’Eliseo, meno convinto su questo fronte. E come si commenta in queste ore da più parti, questo primo campo profughi parigino in corrispondenza degli Europei pare già al diapason con i sogni fugaci che il Mondiale del ’98 aveva suscitato nel Paese: quelli di una Francia 'nero-bianco-araba' (blackblanc- beur) abbracciata e sorridente non solo sull’erbetta dello Stade de France, con l’ambita coppa in mano.  Resta il nodo sicurezza, tanto negli stadi, quanto nei perimetri cittadini predisposti per i tifosi, davanti a megaschermi da record. Ai piedi della Tour Eiffel, le partite potranno essere viste da circa 90 mila tifosi: lo stesso numero degli addetti alla sicurezza schierati in tutto il Paese durante la competizione. Una mossa imprudente, dato che la manifestazione si svolge pure in pieno Ramadan? Certi esperti sostengono che sarebbe stato meglio allestire le zone dentro a stadi secondari, ma il giusto equilibrio fra sicurezza e 'respiro urbano' dell’evento pare un rebus. Lunedì, intanto, l’annuncio dell’arresto in Ucraina di un presunto aspirante attentatore venticinquenne francese d’estrema destra deciso a funestare l’evento non ha di certo rasserenato gli animi. In mezzo a così tante ombre minacciose, i tifosi francesi avranno qualche ragione in più per stringere i gagliardetti con l’aitante gallo nazionale. Ma più in generale, come nelle campagne alluvionate, solo una dose imprevedibile di 'carburante del cuore' potrà forse propiziare il decollo autentico di questi Europei negli stadi e fra le strade di Francia, prima che il sipario si chiuda, il 10 luglio, lasciando strada ai succhiaruote del Tour.