Opinioni

Gli strali di mezza estate del politologo con l'incubo del «siamo troppi». Ossessioni ferragostane

Alessandro Rosina mercoledì 17 agosto 2011
E anche quest’anno non poteva mancare l’appuntamento ferragostano con il catastrofismo di Giovanni Sartori. Oramai da vari anni l’editoriale principale del Corriere della Sera del 15 agosto è singolarmente riservato agli strali che l’anziano politologo lancia contro un mondo che, secondo lui, corre stupidamente verso il disastro. Può essere utile qui ripercorrere alcune sue illuminanti affermazioni sul tema. Nel Ferragosto del 2006 scriveva: «Leggo che uno studio di una università americana scopre che noi – noi genere umano – stiamo diventando non solo più longevi, più alti, più belli, ma anche più intelligenti. Questa proprio non me l’aspettavo». A favore della sua tesi che è semmai la stupidità che va aumentando, cita proprio la crescita demografica e il fatto che «i nostri ragazzi non sanno stare attenti per più di 15 minuti e sfuggono al loro taedium vitae con un incessante divagare e svagarsi». Nessun dubbio lo sfiora sul fatto che possano essere superate le sue coordinate di interpretazione della realtà, compresi comportamenti e atteggiamenti delle nuove generazioni. A Ferragosto dell’anno successivo torna a prendersela con il pianeta che gira all’incontrario: «I più indifferenti al loro stesso destino sono i giovani. Gli spregiati anziani si battono, in definitiva, per le generazioni future (…). Ma i giovani se ne sbattono, non gliene frega niente». La soluzione che propone per tornare a girare nel verso giusto è quella di «fermare, anzi fare retromarcia, sulla crescita della popolazione (…). Ci siamo fregiati del titolo di homo sapiens sapiens. Ma un’umanità che non sa salvare se stessa merita semmai il titolo di homo stupidus stupidus». Nell’articolo dell’altro ieri arriva a dire che «la crescita demografica va fermata ad ogni costo». Ad ogni costo? Proprio così. Evidentemente per Sartori qualsiasi azione è giustificata pur di ridurre il numero di abitanti del pianeta. Quello che stupisce e spiazza è soprattutto l’eccessiva semplificazione nella lettura dei grandi cambiamenti in atto e la brutalità delle soluzioni proposte. Non stupisce invece che se la prenda anche contro i giovani, colpevoli di essere nati e di essere generazionalmente troppo diversi da lui, quindi sbagliati per definizione. Anche per questo qualsiasi motivo è buono per prendersela con la Chiesa cattolica "rea" di non auspicare un mondo, ohibò, ancora ricco di bambini e di giovani. Quando si pensa all’eccesso di crescita demografica sono stranamente sempre gli altri, tanto più quanto sono diversi da noi, ad essere troppi. Lo stesso Malthus tendeva ad attribuire ai poveri la causa dei loro stessi mali. Il fatto che il pessimismo dei neomaltusiani si sia rivelato nel passato largamente eccessivo, ne depotenzia però le argomentazioni. All’epoca di Malthus gli abitanti del pianeta erano meno di 1 miliardo. Al tempo del famoso libro di Ehrlich The population bomb erano meno di 4 miliardi. Ora sono più di 7 e non si vive, nel complesso, certo peggio di come si viveva allora. C’è poi da dire che se il Novecento è stato il secolo della crescita accelerata, quello appena iniziato sarà quello del rallentamento e della stabilizzazione. La maggioranza dei Paesi del mondo presenta, del resto, già oggi una fecondità inferiore ai due figli per donna, si trova quindi sotto la soglia del rimpiazzo generazionale. Rimane vero che, nonostante la bomba demografica risulti oramai ampiamente disinnescata, la popolazione continuerà per vari decenni ancora a crescere in modo consistente nelle aree più povere del pianeta. Come molti studi però evidenziano, più che misure coercitive sulla riduzione della quantità dei figli, la vera risposta è la promozione dell’investimento sulla qualità delle nuove generazioni per tutte le ricadute positive che produce. Ma questo il Sartori non lo sa o fa finta di non saperlo.