Opinioni

Bambini abbandonati. Ognuno ci pensi: chi scarta davvero?

Maurizio Patriciello mercoledì 7 dicembre 2016

Scandalizzarsi è facile, più difficile è fermarsi, analizzare i fatti e tentare di dare una risposta. Poche settimane fa un neonato viene trovato da un fruttivendolo di Villa Literno, nel Casertano, tra le cassette di frutta e verdura. Trasportato in fretta in ospedale il bambino riesce a salvarsi. Attorno a lui scatta una gara di solidarietà. Tante famiglie vorrebbero adottarlo. Sono le tre e trenta di martedì quando alla stazione ferroviaria di Napoli una donna ucraina con un sacchetto in mano, con passo incerto, avanza verso il cassonetto della spazzatura. Nel sacchetto c’è il figlio che ha appena partorito. La polizia interviene. Il bambino è salvo. «Chi dice di amarti più della tua mamma ti inganna». L’amore della mamma da sempre è preso a esempio e modello di ogni amore. La mamma sa farsi in quattro, si consuma, si annulla per i figli.

Eppure per queste due donne il figlio è visto come un peso, un intralcio, un problema. La prima lo abbandona in modo che possa essere salvato. Tenta di metterlo al sicuro, di affidarlo ad altri. Forse, come la sorella di Mosè, da lontano, scruta l’evolversi degli eventi. La seconda, invece, non ci prova nemmeno. Perché? Fermiamoci un momento prima di scandalizzarci. Ci fa bene. Davvero. Queste donne avrebbero potuto partorire in anonimato e lasciare il bambino in ospedale. Altri si sarebbero preso cura di lui. Non lo hanno fatto. Ci chiediamo: ma lo sapevano? La mamma ucraina vive alla stazione. È una donna fantasma. Non ha niente, non ha nessuno. Come la tartaruga porta con sé tutto quello che possiede. È uno di quei fagotti puzzolenti in cui inciampiamo quando corriamo a prendere il treno. Coperte sporche, sacchi strapieni, immondizie, bottiglie di birre o di vino vuote. E in mezzo a tanta sporcizia si intravede un essere umano.

Chi, vedendo questa parte di umanità, non ha imprecato contro l’amministrazione comunale che non si preoccupa della pulizia e del decoro della città? Ma chi è che dorme in quegli stracci? E come fa quando il freddo punge? Sono persone estremamente povere. Povere di una povertà che si è fatta miseria. E se la povertà può essere sopportabile, la miseria è semplicemente disumana. La miseria abbrutisce l’ animo, indurisce i cuori, uccide la dignità. La persona in miseria deve preoccuparsi di soddisfare gli istinti primordiali. Mangiare, bere, coprirsi, dormire. Difendersi. E se può essere facile rimediare un pezzo di pane, altrettanto non è per un letto. In queste condizioni estreme la gravidanza può risultare un dramma.

Come fare? Occorre chiedere aiuto. A chi? Dove deve andare una straniera senza fissa dimora? A chi deve rivolgersi, sapendo di essere accolta, questa persona che da giorni non si lava? La donna di ucraina che a Napoli vaga con un sacchetto in mano è in uno stato confusionale. Non si rende nemmeno conto di quello che sta per fare. Come un automa avanza senza meta. Chi è? Perché ha lasciato la sua casa, la sua famiglia, la sua gente per finire sotto i ponti? Uno «scarto» di umanità, ci dice papa Francesco.

Non avvertite l’eco del Vangelo nelle parole del Papa? «Scarti», sì, ma preziosissimi agli occhi di Dio. «Scarti» che ci costringono a rivedere le nostre scelte politiche, i nostri stili di vita. Ci sfidano a verificare la nostra fede. L’Istat, ancora una volta, ha confermato ciò che da sempre sappiamo e constatiamo: i ricchi sono sempre più ricchi, i poveri sempre più poveri. Nel Sud d’Italia le cose, naturalmente, peggiorano. I nostri cari giovani partono, per quanto buoni e bravi possano essere, con una marcia in meno. Che ne sarà di loro? Ho paura della povertà che si fa miseria. A Frattaminore, il paese in provincia di Napoli, in cui sono nato, nella notte tra domenica e lunedì, un uomo ha sterminato la sua famiglia. Era disoccupato da tempo. La mancanza di lavoro può logorare – e di fatto tante volte logora – il rapporto coniugale. Stavano per divorziare i genitori del piccolo Luigi, soffocato nel sonno a tre anni, dopo la morte della mamma e prima di quella del papà.

Erano separati in casa, una minuscola mansarda, in attesa della sentenza. Domenica notte la tragedia. Il lavoro è dignità. La nostra Repubblica, non a caso, è fondata sul lavoro. Un diritto troppe volte bistrattato, dimenticato. E di mancanza di lavoro si può anche morire. Non conviene lasciare indietro i poveri, e non è mai giusto. Meglio rallentare il passo e camminare insieme. Prima di cedere alla tentazione di scandalizzarci, mettiamoci nei panni di chi questa notte dovrà faticare per trovare un posto sotto i portici di Milano, Napoli, Bologna... E se lo Stato tarda ad arrivare, corriamo noi. Usiamo verso di loro la stessa carità umana e cristiana che vorremmo fosse esercitata verso di noi. Non dimenticando che un atto, un semplice atto, vale più di mille discorsi sull’amore.