Opinioni

Unioni civili. Nozze gay, nel Pd l'ora di voci diverse

Marco Tarquinio martedì 9 giugno 2015
Caro direttore,
ho letto con estremo interesse la lettera dell’onorevole Monaco pubblicata su Avvenire di sabato scorso. Non tutto è condivisibile, ma finalmente un parlamentare Pd è uscito allo scoperto, non con vaghe affermazioni di principio, ma con riferimento al testo base sulle unioni civili all’esame del Parlamento. Finora, infatti, le perplessità e le prese di distanza in casa Pd rispetto al testo Cirinnà hanno, a mio parere, accuratamente evitato di mettersi di traverso a un progetto devastante per l’istituto familiare nel nostro Paese. Mi auguro che l’esempio di Monaco e la tribuna di Avvenire possano incoraggiare molti altri nel Pd a... fare outing.
Si tratta in fondo semplicemente di aiutare il partito di maggioranza relativa a uscire dal vicolo cieco dell’approvazione di un istituto giuridico parallelo per le coppie omosessuali, per portarlo a riconoscere la fruizione del massimo dei diritti alle convivenze stabili (non necessariamente gay, ma anche eterosessuali e non orientate a fini sessuali), vedendo nelle formazioni sociali stabili un bene per il Paese, qualunque siano le finalità e le motivazioni che le sostengono, evitando però ogni confusione con la famiglia tutelata dalla Costituzione. Occorre cioè passare a un approccio di tipo solidaristico, abbandonando l’obiettivo di offrire alle coppie gay un simulacro di famiglia. Questa seconda strada, dalla quale finora il Pd non è riuscito a prendere le distanze, presenta enormi rischi, come correttamente rilevato dalla recente lettera aperta di alcuni intellettuali. Prevedere, infatti, di sancire le unioni omosessuali con un "rito" e raccoglierle in un registro dello stato civile dei Comuni significherebbe di fatto riconoscere un matrimonio di serie B. L’Europa, che non ci obbliga a riconoscere il matrimonio omosessuale, certamente ci sanzionerebbe in questo caso per la pregiudiziale discriminativa implicita nel doppio regime. A quel punto sarebbe impossibile negare alle coppie omosessuali non solo la stepchild adoption (l’adozione del figlio dell’uno da parte dell’altro partner), peraltro già prevista dal testo base della senatrice Cirinnà, ma ogni forma di adozione e, trattandosi di coppie forzatamente sterili, anche di fecondazione eterologa. Per realizzare questa sarebbe poi necessario, nelle coppie omosessuali maschili, aprire alla compravendita di gameti femminili e alla pratica schiavistica dell’utero in affitto.
Non stupisce che questo sia l’obiettivo di certa sinistra radicale e salottiera. Stupisce, semmai, l’afasìa dei tanti parlamentari di orientamento sociale e cattolico presenti nel Pd che non hanno finora ritenuto opportuno di esporsi, forse per paura di disturbare il presidente del Consiglio, interessato a dare un contentino alla sinistra dem. Questo obiettivo, tuttavia, di sinistra ha ben poco, accontentando semmai l’anima radicale del partito, invece di sostenere economicamente le famiglie, oggi in gravi difficoltà, soprattutto se monoreddito e con figli a carico. Fare figli, in questo Paese da inverno demografico, è diventato un privilegio per persone abbienti. Tutto il resto, compresi i diritti delle persone omosessuali, potrebbe meglio trovare risposta in contratti di solidarietà ai quali riconoscere valore sociale.
È questo il senso della proposta di legge che insieme ai deputati Dellai e Sberna ho presentato alla Camera come partner della maggioranza di governo e di quella, analoga, che il senatore Lucio Romano, anch’egli di Democrazia Solidale, ha presentata al Senato.
Torno ad augurarmi che qualcun altro nel Pd abbia lo stesso coraggio di esporsi che ha avuto Franco Monaco. Se ciò avverrà, saremo forse ancora in tempo per evitare all’Italia l’eclissi della famiglia e la subordinazione al capriccio degli adulti del diritto dei bambini a crescere con un padre e una madre.
 
Gian Luigi Gigli deputato e capogruppo «Per l’Italia-Cd» in Commissione Affari costituzionali
 
Apprezzo il suo impegno, caro onorevole Gigli. E trovo interessanti e condivisibili molte sue argomentazioni e le sfide che lancia ai colleghi parlamentari e, in specie, a quanti sono eletti nel Pd, partito di maggioranza relativa. Tuttavia non condivido l’idea, che accomuna lei e l’onorevole Monaco, di regolare anche le convivenze more uxorio uomo-donna. Un uomo e una donna possono infatti sposarsi, se non lo fanno è per scelta. E l’obiettivo del legislatore dovrebbe essere di rendere "attraente" per tutti il matrimonio, non indebolirlo e creargli alternative sempre meno salde... Due persone dello stesso sesso, invece, sposarsi non possono. Per questo – secondo l’indicazione della Corte costituzionale – può essere utile che la legge si occupi di quel tipo di convivenze. Come sa, il mio convinto auspicio è da qualche anno che si imbocchi una "via italiana" verso una regolazione che non imiti modelli stranieri, ma introduca un modello originale che faccia aumentare il tasso di solidarietà nella nostra società e, al tempo stesso, non possa essere confuso con il matrimonio.