Opinioni

E ora serve un miracolo. Il rogo di Notre-Dame: l'anima è una cosa seria

Luigino Bruni giovedì 18 aprile 2019

Le radici non sono il passato, sono il presente e il futuro delle piante. Sono nascoste, profonde, invisibili, ma essenziali. Alcuni alberi possono continuare a vivere anche perdendo il 90% del fogliame e dei rami, ma muoiono se vengono recise le loro radici. Per vedere le radici c’è bisogno di un grande trauma: una forte tempesta, un’alluvione, un terremoto. Così nella vita: qualche volta è la morte di un genitore che ci fa recitare l’ultima preghiera che ancora ci ricordavamo anche se, fino a quel momento, pensavamo di non ricordare più. Lunedì notte le radici cristiane dell’Europa sono diventate evidenti a tutti mentre andavano in fumo. Molti di quei francesi che si sono ritrovati sulle labbra, fiorita dalla profondità più profonda del loro cuore "Je vous salue Marie...", avevano smarrito da tempo il senso di quella bellissima cattedrale dal bellissimo nome e di quella meravigliosa preghiera; ma quelle parole sono emerse da sole, per la speciale forza maieutica che conoscono solo alcuni dolori. Come le radici: sono sotterrate, silenziose e buie, ma sono, semplicemente, la vita.

L’incendio di Notre-Dame ha mostrato a tutti i parigini, i francesi, gli europei e al mondo dove si trovano veramente le radici della cultura europea, e quanto sono essenziali per vivere. In quella notte tremenda bruciava il presente e bruciava il futuro, non andava in fiamme soltanto il passato.

Bruciava qualcosa di intimamente legato a parole che molti hanno voluto cancellare o lasciato in un angolo dei pensieri e della vita e che in una notte tremenda hanno capito di non averlo fatto del tutto. Sacro, spirituale, paradiso, preghiera, Dio, Maria: con e su queste parole in-finite abbiamo costruito nei molti secoli l’Europa e l’Occidente. Le nostre cattedrali europee sono icona e sacramento di un umanesimo ancora vivo anche se facciamo di tutto per cancellarlo e dimenticarlo. Stanno lì, silenziose e tenaci e miti, a ripeterci ogni giorno con la loro sola presenza parole d’amore che non capiamo più.

Ma c’è una parte intima di noi che quelle parole le capisce ancora. Perché le portiamo iscritte nella nostra anima collettiva e individuale. Non le possiamo cancellare del tutto, come non si cancellano i cromosomi del Dna. L’anima è sempre una cosa seria. Parole sommerse, dimenticate, umiliate, offese, ma ancora vive. Il "calore" di quella notte ha reso visibili quelle parole diverse scritte con inchiostro simpatico. Mentre andavano in fumo. Siamo tornati, per qualche ora, in una lunga notte medioevale. Abbiamo visto quel rogo tremendo, ci siamo risentiti piccoli e impotenti sotto il grande cielo, e abbiamo, insieme, udito risuonare dentro e fuori di noi parole antiche e forti. E il dolore per quel rogo era anche il dolore per il rogo di parole di cui abbiamo sentito una infinita, nostalgia proprio mentre andavano in fumo.

La ricostruzione di Notre-Dame non sarà facile. Ci sarà certamente una ricostruzione tecnica, ingegneristica, quella degli architetti e dei restauratori. Ma c’è un’altra ricostruzione davvero molto difficile, forse impossibile senza un vero e proprio miracolo.

Nel bellissimo racconto Cattedrale, Raymond Carver ci parla del dialogo tra due uomini, di cui uno cieco. La tv trasmette un programma sulle cattedrali medioevali, e tra queste anche quella di Notre-Dame di Parigi. Il cieco chiede all’amico di spiegargli che cosa è una cattedrale: «Mi dovrai scusare ma non ci riesco proprio a spiegarti com’è fatta una cattedrale. Non ne sono proprio capace. Non posso fare meglio di così ... Il fatto è che le cattedrali non è che significhino niente di speciale per me. Niente. Le cattedrali. Sono solo cose da vedere in tv la sera tardi. Tutto lì».

E qui accade il miracolo. Il cieco, per il quale le cattedrali dicevano ancora qualcosa nell’anima anche se non le vedeva, esclama: «Ehi, sta’ a sentire. Me lo fai un favore? Mi è venuta un’idea. Perché non ti procuri un pezzo di carta pesante? E una penna. Proviamo a fare una cosa. Ne disegniamo una insieme». E mano nella mano compiono l’impossibile: «Magnifico. Vai benissimo. Non avevi mai pensato che una cosa del genere ti potesse succedere, eh, fratello? Be’, la vita è strana, sai. Lo sappiamo tutti. Continua pure. Non smettere».

Le cattedrali non si ricostruiscono come gli stadi, i teatri o i supermercati. C’è bisogno di vederle prima con gli occhi dell’anima. Le cattedrali si possono solo costruire, non ricostruire. E lo potremo fare solo se l’Europa di oggi, nella quale per tanti le cattedrali sono ormai «cose da vedere la sera alla tv», si lascerà prendere per mano dalla sua anima profonda e invisibile, che, forse, non ha ancora dimenticato cosa sia veramente una cattedrale – come l’ultima preghiera. Lo possiamo credere, lo possiamo sperare. Perché "la vita è strana", è più grande di noi, ed è piena di sorprese.