Opinioni

Non sono tutti in fuga i nostri «cervelli». Bravo anche chi resta

Marco Tarquinio mercoledì 7 novembre 2018

Caro direttore,

i giornali parlano di sovente dei “cervelli” che se ne vanno dall’Italia elogiando il loro coraggio: affrontare una vita nuova in un ambiente anche molto diverso da quello in cui si è vissuto per anni è difficile e veramente occorre tanto coraggio e volontà per farlo. Mi sembra giusto parlarne. Vorrei però ricordare anche i tanti “cervelli” che restano in Italia, affrontando difficoltà economiche e di carriera, molto spesso impediti a far ricerca per mancanza di mezzi e pastoie amministrative e di baronia. Eppure rimangono! Perché? Non certo per motivi di soldi o di carriera, ma perché amano il loro Paese e vogliono restarci per tentare di migliorarlo, di portare avanti la ricerca, per preparare un futuro ai loro figli o ai loro studenti. Anche questi, caro direttore, sono da elogiare e da ammirare. Alcuni di loro sono perfino percettori di finanziamenti a livello europeo, e quei soldi li usano in Italia per poter fare ricerca e creare possibilità di guadagnare qualcosa ai loro collaboratori. Bravi quelli che abbandonano sfiduciati l’Italia per cercare all’estero quanto l’Italia non può o non vuole dare loro. Ma almeno altrettanto bravi quelli che restano e combattono per creare qualcosa di nuovo nella ricerca anche in Italia. Solo in questo modo i giovani che vogliono intraprendere la strada lunga e perigliosa e spesso deludente della ricerca possono avere un futuro. Cordiali saluti da un anziano ricercatore.

Carlo M. Passarotti, Gallarate


Sono d’accordo con lei, caro amico. La ricerca scientifica richiede coraggio, tenacia e, ovviamente, bravura. Qualità comuni a tanti tra coloro che vanno via dall’Italia trasferendosi in ambienti di vita e lavoro diversi, ma anche a molti tra quelli che decidono di restare, sfidando difficoltà grandi e piccole, e alla maggior parte – conosco vari di loro – dei ricercatori che scelgono di tornare. L’importante è non consegnarsi al retorico luogo comune secondo cui i migliori sono sempre e solo quelli che se ne vanno.