Opinioni

Qui Nord/L’altra Milano, mala e veleni. Non è piagnisteo e urge la questione morale

Giuseppe Anzani mercoledì 21 luglio 2010
Ma quale capitale morale. Oggi ai milanesi, ai milanesi veri, viene un magone grosso così. Dov’è finita la città generosa e impetuosa, la città col suo orgoglio del cuore in mano, fatto di onestà e di trasparenza, di impegno persino febbrile di lavoro fedele, di progetti e speranze senza inganni, con un po’ di baùscia magari, ma con la lena vitale e positiva di chi non bara nella sfida al futuro; non meno che il cuore della solidarietà, del pane fraternamente e laboriosamente diviso.Oggi è un giorno nero per la Milano che non c’è più, dopo il sequestro di un intero quartiere, dove la giustizia fiuta un colossale businnes di malaffare. Dov’è Milano? Che cosa significa, a Milano, sentir dire che dentro i riporti di terra di immensi cantieri edili ci stanno sepolti rifiuti proibiti, dalla tossicità micidiale? Un incubo, oppure un brusco risveglio che strappa la gioia delle feste celebrate sul tetto del Duomo, fra le guglie, sotto la Madonnina. A sentir dire, a dirci forse l’un l’altro, che non è il caso di fare un dramma per quattro mele marce, isolate nel mare degli onesti. E invece il giorno dopo vengono i lacrimoni, come se la Madonnina ce l’avessero rubata. Il giorno dopo è quello del quartiere santa Giulia, a Rogoredo, dove l’iniziativa edilizia gigantesca che è stata intrapresa è sotto la lente della giustizia, e adesso anche delle nostre angosce affioranti. Hanno trovato veleni nella falda dell’acqua, fino a sette metri di profondità. Più sotto, a venti metri, pesca l’acquedotto, quello che porta nelle case dei milanesi l’acqua che bevono. Hanno trovato cloruro di vinile, tricloro metano, tricloro etilene. Andate a vedere su internet che cosa sono, che cosa fanno, queste cose, nell’acqua di falda. E nel terreno riportato, scorie di acciaieria. Ci sarebbe da voltarsi ancora a guardare le guglie del Duomo, ma per vedere stavolta se gli angeli hanno levato le spade.E poi, aprendo di poco l’orizzonte, il panorama mafioso che ha contaminato la città e l’hinterland, i 300 arresti di qualche giorno fa, le mani adunche sull’Expo 2015, ci fanno più pensosi. Forse non sono solo quattro le mele marce fra noi, e forse non sono neanche mele, sono grosse come angurie. A Como c’è un’inchiesta che cerca 2.000 tonnellate di rifiuti tossici, amianto, bentonite, chissà che altro, sotto il nuovissimo ospedale appena costruito. A leggere il rapporto "Ecomafia in Lombardia" di Legambiente, c’è da restare senza fiato: un fatturato criminale che nel 2009 sfonda un miliardo di euro. Nel ciclo del cemento emergono appalti pubblici truccati, scavi illegali nei fiumi e nelle campagne, bonifiche fasulle. E i rifiuti metallici seguono l’asse Milano-Brescia. Un’economia del disastro consegnata alla generazione futura, il peggio immaginabile della diserzione morale.Forse è abbastanza così, prima di esplorare quanto le connivenze e le corruttele ulteriori segnano l’ignavia o il tradimento di chi fra i dirigenti e i politici accetta questo marcio, o persino vi tiene bordone. Vergogna sono per noi, vergogna e dolore. E se dicono nelle loro concioni "Milano non piangerti addosso, riprenditi", io sono d’accordo. Ma da milanese ai milanesi dico che la questione morale non è un piagnisteo, è uno stampo di identità umana, serio e severo. Non per niente, finché nello stemma identitario della nostra memoria storica c’è Ambrogio, l’avete visto tutti che è buono come il pane, però in mano tiene anche lo staffile.