Opinioni

Il direttore risponde. Noi genitori di un bimbo autistico e la legge (lombarda) che non ci aiuta

Marco Tarquinio giovedì 12 febbraio 2015
Caro direttore, siamo i genitori di un bambino autistico che frequenta la seconda elementare. Avere un figlio autistico significa cambiare completamente la propria vita, le abitudini, lo sguardo sulla realtà, cercare di intuire, perché comprendere è già un obiettivo difficile da raggiungere, il suo punto di vista sulle cose, il suo modo di percepire il mondo, che è davvero diverso da quello a cui tutti siamo abituati. Cambiano le regole, anche tra un figlio e l’altro, cambiano i tempi, le persone che si possono frequentare, i luoghi “abitabili” o meno, le attività da fare, le vacanze da immaginare. Bisogna strutturare il tempo, programmare la giornata fin dal mattino a colazione, decidere e concordare cosa si mangerà, con che macchina andare a scuola, quali e quanti compiti fare… quasi nulla, nei limiti del possibile, si può lasciare al caso, e se sfortunatamente accadono imprevisti… tutta la famiglia si deve attrezzare a tollerare le sue reazioni alle frustrazioni. Questa lunga premessa solo per cercare di spiegare quanto una famiglia sia messa alla prova quotidianamente nella sua capacità di “tenuta”. L’esperienza di maternità e paternità di un bambino con spettro autistico fa sentire alieni, rispetto a tutti gli altri genitori, e la solitudine sarebbe ancora maggiore, se non avessimo incontrato gli amici dell’associazione “Autismando”, gli operatori della Neuropsichiatria e gli insegnanti della scuola. Da anni stiamo lavorando insieme per aiutare nostro figlio a sviluppare le sue potenzialità, a dispetto dei suoi limiti, e per cercare di fornirgli tutti gli strumenti per affrontare il futuro con la miglior qualità di vita possibile per lui. Ma c’è una grande assente: la legge. È risaputo, studiato e dimostrato che i supporti tecnologici e informatici possono cambiare radicalmente il modo di stare nel mondo e nella realtà dei nostri figli: servono per comunicare, per imparare cosa sono le emozioni, per scrivere (nostro figlio non riesce a scrivere a mano, per esempio, ma è molto veloce con il computer), per imparare le routine giornaliere attraverso simboli specifici, l’“agenda”, il diario scolastico… e queste sono solo alcune delle funzioni che ci vengono in mente che possono mantenere vivo il legame dei bambini autistici con il mondo che li circonda. Eppure… computer e tablet non sono considerati “ausili” dalla legge che regolamenta la fornitura di ausili e protesi ai disabili, e i bandi che annualmente vengono decretati da Regione Lombardia sulla base della legge regionale 23/99 prevedono contributi per l’acquisto di sussidi tecnologici e informatici solo per bambini con disturbi specifici dell’apprendimento, escludendo esplicitamente qualunque altra categoria di disabili.Ci sembra paradossale che famiglie con persone autistiche, ma anche con altre gravi disabilità vengano discriminate proprio dalla legge che dovrebbe supportarle. La vita è dura, e continuare a lottare per i diritti dei propri figli contro i mulini a vento la rende ancora più difficile. Lidia e MicheleHo avuto modo di conoscervi, cari amici, nel corso di uno degli incontri con la vita vera della nostra gente che, di quando in quando, fuori dalla redazione e lontano dai palazzi, mi aiutano a fare meglio il mio mestiere. E apprezzo moltissimo che mi invitiate a firmare questa lettera soltanto con i vostri nomi, senza cognome, senza località. Capisco lo spirito della richiesta: non state reclamando qualcosa per voi stessi e vostro figlio, ma per tutti coloro che sperimentano la vostra stessa situazione o una analoga. Mi colpisce sempre come nelle leggi poche parole al posto sbagliato possano rendere brutto un bell’insieme di norme, aumentando i problemi delle persone, creando (o mantenendo) privilegi, o addirittura producendo ingiuste e incomprensibili disparità. Proprio come in questo caso. Il caso di un bimbo autistico, e della sua famiglia, giudicato dal legislatore lombardo non abbastanza disabile o, comunque, non abbastanza bisognoso di supporti essenziali che ad altri disabili vengono invece riconosciuti. Ma gli errori, se fatti in buona fede, hanno almeno un pregio. Possono essere riparati prontamente. E questo, quando accade, può far solo bene alla politica e ai cittadini. Vedremo se a Palazzo Lombardia e al Pirellone se ne rendono conto.