Opinioni

La giornata mondiale, pungolo per tutte le coscienze. No alla miseria, un dovere

Claudio Calvaruso giovedì 17 ottobre 2013
«Celebrata dalle Nazioni Unite per la prima volta nel 1993, la Giornata internazionale per l’eliminazione della povertà incoraggia il dialogo e la comprensione tra le persone che vivono nella povertà, le loro comunità e la società in generale. La Giornata offre l’opportunità di prendere atto degli sforzi e delle lotte delle persone che vivono nella povertà, un’occasione per loro di far conoscere le proprie preoccupazioni ed un momento per riconoscere che le persone in situazione di povertà sono in primo piano nella lotta contro la povertà». Con queste parole nel 2006 l’allora Segretario Generale dell’Onu Kofi Annan esprimeva con estrema chiarezza il senso profondo e il significato per cui le Nazioni Unite avevano istituito il 17 ottobre di ogni anno la «Giornata Mondiale del Rifiuto della Miseria», ispirandosi alla celebrazione organizzata nel 1987 a Parigi da Padre Joseph Wresinski, fondatore del Movimento Internazionale Atd-Quarto Mondo. Papà polacco e mamma spagnola, padre Joseph era nato nel 1917 in Francia, ed era cresciuto in una casa molto povera ad Angers. Incarnava dunque a pieno titolo lo status di migrante.Certo, ci si poteva legittimamente aspettare che nel corso degli anni la povertà si sarebbe attenuata o quanto meno si sarebbero potute mettere in atto strategie appropriate per sconfiggerla, una volta appurato che essa non aveva nulla di fatalistico né di necessario. Ma così non è stato ed è lo stesso Padre Joseph a sottolinearlo in un suo scritto in occasione del trentesimo anniversario del Trattato di Roma: «La grande povertà si è sicuramente accentuata ed è divenuta più visibile... ancora peggio: la maggior parte degli Stati ha escluso da quei sistemi che proteggono la dignità dei lavoratori coloro che da troppo tempo figurano tra chi cerca lavoro... così sono diventati più evidenti la grande miseria e l’isolamento dei più poveri confinati in un’Europa dell’inutilità e della vergogna».«Vergogna» è il grido di dolore che, 25 anni dopo quelle parole, ha lanciato ad Assisi Papa Francesco, parlando della tragedia del 3 ottobre scorso a Lampedusa, e riprendendo la triste riflessione sulla globalizzazione dell’indifferenza: «Questo mondo selvaggio che non dà lavoro, che non aiuta, a cui non importa se ci sono bambini che muoiono di fame, a cui non importa se tante famiglie non hanno da mangiare, non hanno la dignità di portare pane a casa, non importa se tanta gente deve fuggire dalla schiavitù e dalla fame. E fuggire cercando la libertà, e con quanto orrore tante volte vediamo che trovano la morte, come è successo ieri a Lampedusa». Ora, mai come in questa fase storica la questione della povertà è assolutamente in primo piano grazie anche all’evoluzione costante degli strumenti di comunicazione e della tecnologia. La povertà è in forte aumento in ogni dove e le sue caratteristiche sono sempre più evidenti. Papa Francesco ha dato nuovo impulso al dibattito su questo fenomeno, anche con il dibattito in corso tra povertà come scelta di vita e povertà subita. Una mirabile riflessione è quella proposta da Papa Benedetto XVI («Scegliere o combattere la povertà») del 3 gennaio 2009. A ciò va aggiunta la discussione sempre attuale tra povertà e miseria, un tema molto caro a Padre Joseph Wresinski e che si colloca al centro della celebrazione della Giornata Mondiale, che molti interpretano in quanto «lotta alla povertà» ed altri come «rifiuto della miseria». Le parole di Padre Wresinski non finiscono di scuotere: «È intollerabile di essere trattati, anche dai propri vicini, come un uomo senza dignità – ci considerano come dei meno che niente… non siamo dei cani per essere insultati in tal modo – la differenza tra povertà e miseria è là. L’uomo miserabile è in una situazione insopportabile, considerato di scarsissimo conto o anche peggio: un essere nefasto che non sarebbe mai dovuto nascere, mentre nel più profondo di sé stesso, egli sa che è pure un uomo».E c’è un altro Papa che si è unito in questo rifiuto della miseria ed è Papa Giovanni Paolo II, le cui parole leggeremo oggi alle ore 18 scolpite sulla Lapide del sagrato di San Giovanni in Laterano: «Mai più discriminazioni esclusioni oppressioni e disprezzo dei poveri e degli ultimi». Così come leggeremo le parole di Padre Joseph Wresinski che dà della miseria una definizione dinamica improntata all’azione: «Laddove gli uomini sono condannati a vivere nella miseria, i Diritti dell’uomo sono violati. Unirsi per farli rispettare è un dovere sacro».