Opinioni

Editoriale di Marina Corradi. Ecco perché nessuno è escluso

Marina Corradi sabato 14 marzo 2015
Un Anno Santo della Misericordia, ha annunciato il Papa nell’anniversario della sua elezione – caduto in un venerdì di Quaresima, con Francesco in San Pietro, a confessare e assolvere. Un anno di misericordia, parola che questo Papa ci ripete da due anni tenacemente, come un martello che batta su un chiodo perché si infigga nel legno. Misericordia, cioè compassione del cuore, o, nella radice ebraica, "con viscere materne"; sguardo di madre, che sempre perdona.Francesco di questa parola ha fatto la colonna del suo pontificato. La goccia che instancabilmente scava la pietra. (La pietra siamo noi, se abbiamo in mente un Dio semplicemente "buono", o buonista, oppure "giusto", o, peggio, pronto al castigo). Ma questa misericordia è così immensa, che ci sfugge. E Francesco, cocciutamente ce la ridice. E anzi ne fa il centro di un Giubileo, perché la Chiesa domandi la misericordia di Dio, e la porti al mondo. Un mondo terribilmente senza pace e senza giustizia, eppure casa dell’uomo, luogo della bellezza e patria sempre possibile del bene.Ma cos’è, questa misericordia? Nessuno può spiegarlo, come chi l’abbia sperimentata. E Bergoglio nell’intervista "inaugurale" a padre Spadaro su "Civiltà cattolica" proprio questo aveva raccontato: di essere uno che è stato «guardato dal Signore. Il mio motto Miserando atque eligendo l’ho sentito sempre come molto vero per me». (Quel motto significa: guardando con compassione e scegliendo), E proseguiva, Francesco, raccontando come andasse spesso, di passaggio a Roma, a San Luigi dei Francesi, a contemplare la vocazione di Matteo del Caravaggio. «Quel dito di Gesù così… verso Matteo. Così sono io. Così mi sento. Come Matteo», spiegava Bergoglio. Il Matteo di quel quadro, nella interpretazione del Papa, non è, come sostengono i critici d’arte, il vecchio con la barba, ma il ragazzo col volto cupo e chino su un mucchio di denari. Quello è il giovane immiserito e prigioniero che Cristo guarda con misericordia, e sceglie, e chiama. E il Papa ha detto a Spadaro: io sono così, così mi sento, «un peccatore al quale il Signore ha rivolto i suoi occhi».Non è, questo sguardo, qualcosa di cui tutti abbiamo memoria. Non succede ai cristiani abituati, ai distratti, a quelli che credono di non avere niente da farsi perdonare. Succede, nel Vangelo di Luca letto ieri in San Pietro, alla pubblica peccatrice che si getta ai piedi di Cristo; ma non all’onesto fariseo, capace solo di un amore formale. Lo sguardo di Cristo sul pubblicano Matteo è capace di una così incommensurabile pietà per quel ragazzo triste sui suoi poveri denari, che Cristo lo sceglie: «Tu, seguimi».Francesco, è uno che ha provato su di sé quello sguardo, e vorrebbe che gli altri lo provassero. Perciò ostinatamente sulla misericordia torna, come sulla chiave, sul principio di tutto. Lo ha fatto anche una settimana fa con Comunione e Liberazione: «Il luogo privilegiato dell’incontro con Gesù Cristo è il mio peccato. È grazie a questo abbraccio di misericordia che viene voglia di rispondere e di cambiare, e che può scaturire una vita diversa. La morale cristiana non è lo sforzo titanico, volontaristico, di chi decide di essere coerente (...), La morale cristiana è la risposta commossa di fronte a una misericordia sorprendente, imprevedibile, addirittura "ingiusta" secondo i criteri umani, di Uno che mi conosce, conosce i miei tradimenti e mi vuole bene lo stesso». Uno che ci conosce, e ci vuole bene lo stesso. A questo chiama il Papa che camminava per le Villas Miseria, l’uomo di Dio che vuole una Chiesa come un «ospedale da campo», profondamente conscio del male che gli uomini fanno e subiscono, e non sanno perdonare. Francesco chiama i confessori a essere misericordiosi e la Chiesa a un anno della misericordia, quella da cui «nessuno, nessuno è escluso», ha detto ieri in San Pietro, alzando lo sguardo dal testo scritto e cercando le facce della gente – come quando l’ansia di dire è tale, che occorre guardarsi negli occhi.