Opinioni

L'anniversario della caduta. Il Muro di Berlino oltre i vecchi e nuovi totalitarismi

Luigi Geninazzi lunedì 10 novembre 2014
Chi oggi visita la scintillante Berlino e non ha mai vissuto l’esperienza del check-point "Charlie" – il lugubre posto di controllo per entrare nella Ddr sotto lo sguardo truce dei Vopos – difficilmente riesce a immaginare il clima surreale e angosciante che dominava la città divisa dal Muro. La Porta di Brandeburgo, un tempo inavvicinabile, è diventata un’affollata meta turistica molto kitsch, e della vecchia barriera di cemento restano solo pochi metri in una zona lontana dal centro.Il Muro è ormai un’icona del passato, e la sua caduta è già diventata una leggenda. Quella secondo cui il comunismo in Europa è sparito in una notte, il 9 novembre 1989, quando l’odiosa cortina di ferro che tagliava in due il Vecchio Continente sembrò afflosciarsi di colpo come fosse di cartapesta. Non era soltanto la fine di un incubo, era l’inizio di un sogno: la lunga e drammatica partita tra democrazia e totalitarismo era stata vinta dalla prima, e nell’ebbrezza del momento a molti parve che quella vittoria fosse data per sempre. Non è andata così. Venticinque anni dopo il crollo del Muro, il mondo è percorso da minacce che nel corso di questo 2014 hanno assunto una fisionomia molto aggressiva e pericolosa, a tal punto che papa Francesco le ha qualificate come «una terza guerra mondiale condotta a pezzi». Il terrorismo che ha segnato l’alba del terzo millennio ha compiuto un micidiale salto di qualità, passando dalla struttura di gruppi clandestini a un’entità sovrana e sanguinaria come lo Stato Islamico, che mira all’instaurazione del Califfato, non solo nei Paesi di tradizione musulmana, ma anche in Europa. Nello stesso tempo l’Oriente russo torna a rivendicare con forza la sua identità culturale e politica riaffermando, anche militarmente, un concetto di "sfera d’influenza" che sembra riproporre la vecchia logica di Yalta. E l’Occidente, confuso e smarrito, vive una crisi profonda che sta devastando l’economia ma, ancor peggio, sta sovvertendo i fondamenti etici della convivenza civile.L’89, fugace illusione? Nient’affatto. Dobbiamo lasciar perdere la leggenda e guardare che cosa effettivamente ha rappresentato il crollo del Muro. L’espressione, a ben vedere, non corrisponde alla realtà e suggerisce l’idea che la libertà sia arrivata inaspettatamente, come un regalo. Il Muro non è caduto, è stato abbattuto. E la libertà non è giunta come un pacco dono delle autorità comuniste, è stata invece l’esito della lotta di gente cocciuta che ha combattuto un potere repressivo senza mai cedere alla violenza. Una rivoluzione pacifica che ha preso avvio nel 1980 in Polonia, con Solidarnosc, e ha poi contagiato le altre nazioni del Centro Europa. Un movimento di popolo ispirato dalla fede cristiana e sorretto da quel grido di sfida lanciato da san Giovanni Paolo II all’inizio del suo indimenticabile pontificato: «Non abbiate paura!». L’89 non è un mito, è un metodo per cambiare il corso degli eventi quando tutto sembra soffiare nel senso contrario. È il metodo messo in atto da Solidarnosc, da Charta 77 e tanti altri gruppi democratici di opposizione al comunismo, meno noti ma con la stessa idea forte: per vincere contro un regime fondato su menzogna e repressione, occorre una vita nella verità che rifugga dall’odio e dalla violenza. L’opposto di quel che vediamo oggi nel mondo islamico, dove la religione viene usata come una clava per colpire il nemico. Le cose non vanno meglio in Europa, dove il comunismo non esiste più, ma c’è ancora qualcuno convinto di poter guidare la storia a dispetto dei cittadini. Il conflitto in Ucraina orientale, già costato 4mila morti, ha fatto rinascere prepotenze, ansie e paure tipiche della Guerra fredda. All’Est sembrano trionfare propaganda e arroganza. Ma anche all’Ovest non si scherza, ed emerge la tendenza a disfarsi della soggettività umana in nome di nuove aberranti ideologie in cui manca la separazione tra verità e menzogna.