Il direttore risponde. Monti e la scelta della trasparenza
Caro direttore,
come la rete di una nota parabola evangelica, il web raccoglie pesci buoni e pesci cattivi. Fra questi ultimi oltre a errori e inesattezze, anche bufale tipo quella su «Monti massone», diventata leggenda metropolitana che circola anche in ambienti cattolici. Per questo motivo ritengo più che utile citare, soprattutto a uso dei lettori alle cui orecchie è giunta la leggenda, tre autorevolissime smentite che non ammettono replica. La prima, del 20 gennaio scorso, dello stesso Monti che, interrogato in merito da Lilly Gruber nella trasmissione "Otto e mezzo" (La7), dice testualmente, con la sottile ironia che stiamo imparando a conoscere: «Ho saputo anch’io che una delle ricerche di Google associa il mio nome alla massoneria. Devo però ammettere una lacuna: non so cosa sia la massoneria, ma certamente non sono massone, e non saprei nemmeno accorgermi se uno è massone: è una cosa un po’ evanescente». Alle parole del presidente replicano infastiditi (Il Tempo del 22 gennaio, a pagina 5) l’avvocato Gustavo Raffi, gran maestro del Grande Oriente d’ Italia, che esorta Monti a «informarsi» sulla storia della massoneria, «scuola di pensiero ampiamente riconosciuta in Europa» e gli suggerisce un testo; e lo storico Luigi Pruneti, gran maestro della Gran Loggia d’Italia che, esortato a invitare Monti nelle sedi dove i massoni si riuniscono, risponde sicuro che «non verrà mai» ma si dice certo che «il tormentone Monti massone proseguirà». Ahimè, constato che prosegue... Rientra nella sfera morale dell’ottavo comandamento fare quanto è in nostro potere per rimuovere il fango della menzogna comunque si presenti, e non farlo è peccato di omissione. Per questo le scrivo e la ringrazio se vorrà pubblicare.
Vetulia Italia, Roma