Opinioni

L'ordine della natura e la fede. Mondo, mente e bosone: «misteriosa» compatibilità

Roberto Timossi domenica 8 luglio 2012
Dopo un inseguimento durato quasi cinquant’anni, i fisici delle alte energie sono finalmente riusciti ad afferrare l’inafferrabile bosone di Higgs, altrimenti noto come "particella di Dio". Sappiamo ormai tutti che si tratta di una particella subatomica, teorizzata nel lontano 1964 dall’allora trentacinquenne fisico scozzese Peter Higgs, capace di dare conto dell’esistenza delle particelle dotate di massa. La scoperta di questo bosone suona pure come una conferma del cosiddetto 'modello standard' della fisica e quindi dell’attuale idea che abbiamo dell’interazione delle forze fisiche, che è in grado di dar conto del perché sta insieme l’Universo. È pertanto facile comprendere come in termini strettamente scientifici citare Dio in riferimento al bosone di Higgs non abbia molto senso, come del resto non l’avrebbe chiamarlo in causa a questo modo per qualsiasi altra particella atomica e subatomica o per qualsiasi altro fenomeno fisico. Sebbene qualche ateo in giro per il mondo abbia tentato di sostituire Dio con il bosone di Higgs, che così da "particella di Dio" si sarebbe trasformato in "particella Dio", la grande scoperta scientifica avvenuta al Cern di Ginevra può essere invece interpretata sul piano filosofico come una conferma della presenza di un ordine nella natura (in questo caso quello rappresentato nel modello standard delle particelle elementari); ordine che per il credente resta difficile immaginare che sia il prodotto di un fenomeno casuale altamente improbabile. L’espressione "particella di Dio" fu coniata dal fisico premio Nobel Leo Lederman per due motivi: per contestare quei colleghi scienziati che pensavano con le loro scoperte di riuscire a rispondere a tutti gli interrogativi sull’Universo e per convincere le autorità politiche statunitensi a non revocare i finanziamenti per potenziare l’acceleratore del Fermilab di Chicago. L’insuccesso della perorazione politica di Lederman e di altri scienziati americani ha indubbiamente contribuito a far si che fosse un laboratorio europeo a vincere la sfida tra Vecchio e Nuovo Continente sulla scoperta della particella teorizzata da Peter Higgs. A bloccare il gruppo di ricerca statunitense è stata soprattutto l’indisponibilità del Congresso ad investire risorse del bilancio statale in un programma enormemente costoso, specie per la necessità di costruire il gigantesco acceleratore di particelle chiamato Superconducting Super Collider. In effetti, la realizzazione a Ginevra dell’acceleratore LHC (Large Hadron Collider) e il programma di ricerca ancora in corso pare abbiano superato la cifra di 10 miliardi di euro. Vanno però considerati senza esitazione soldi pubblici ben spesi anche in epoca di grave crisi economica.A prescindere dal risultato conseguito, qualsiasi investimento nella ricerca scientifica di alto livello è da ritenere un ottimo investimento per la società e per l’umanità intera. Anche se nel caso della "particella di Dio" la ricerca avrebbe certo potuto dare esiti negativi, sarebbe allora servita a fare comprendere meglio la realtà del mondo di cui facciamo parte: non sono infatti soltanto i successi a farci progredire, ma pure gli insuccessi.Tuttavia, se riflettiamo bene, l’investimento per il programma del Cern di Ginevra è stato in fondo un grande atto di fede nella validità della teoria di Higgs, una scelta deliberata degli scienziati e delle autorità politiche europee di "fidarsi" dell’impianto teorico del modello standard, manifestando del resto apertamente e a più riprese la speranza di veder coronata la ricerca da un successo come quello appena annunciato.Questa componente di fede ragionevole presente negli scienziati quando decidono di puntare su un programma di ricerca fondato su una mera e incerta ipotesi, quando credono fermamente come Peter Higgs nella propria tesi scientifica anche di fronte a delusioni e stroncature, contribuisce a portare in primo piano il vero protagonista del successo ginevrino: l’intelligenza umana. È infatti sicuramente un prodotto della nostra intelligenza formulare una teoria scientifica come quella del bosone Higgs capace di azzardare previsioni su ciò che ancora non è stato empiricamente osservato, così come è un atto dell’intelletto decidere di credere in qualcosa, anche quando magari si resta da soli contro tutto e contro tutti. Einstein sosteneva giustamente che l’eterno mistero del mondo è la sua comprensibilità e lo è certamente, aggiungiamo noi, insieme a quello della mente umana: tutte e due sembrano fatti apposta da qualcuno per interagire insieme.