Opinioni

Biblioteche sommerse a Venezia. E i rimedi. Mondi svaniscono in quei libri perduti

Ferdinando Camon mercoledì 20 novembre 2019

I libri finiti sott’acqua nella biblioteca personale di Cesare De Michelis a Venezia (cito lui perché faceva il professore di Letteratura Italiana e l’editore, e aveva una biblioteca immensa) vengono inscatolati e spediti a Bologna, dove c’è un apposito centro per il recupero. È un centro costoso, ma fa miracoli. La cosa m’interessa personalmente. Perché Cesare aveva tutti i miei libri, e allora per me la domanda è (scusate l’egoismo, che però è anche altruismo): muoiono i miei libri? Spariscono? E allora, che ne sarà di quello che scriviamo, chi se ne ricorderà, chi lo recupererà? Scrivere è inutile?

Ho letto, tempo addietro, un saggio sulla durata della carta, e ne ero rimasto sconsolato. La carta della nostra epoca dura meno della carta delle epoche passate, perché è fatta con materiali intaccabili dalla luce, dall’aria, dall’umidità. I libri che comprasti quando facevi l’università, o peggio ancora il liceo, se li riprendi in mano oggi, li cavi dal loro posto nella biblioteca, li apri, e rischi di sentire che le pagine ti restano in mano, scollate dal dorso. Ho in casa libri preziosi, stampati su carta India, sottile come la carta da sigarette, sono libri di poeti, li ho comprati cinquant’anni fa, se li apro oggi vedo le pagine chiazzate da leggere macchioline giallognole, cosa sono? Sono le tracce residue del mio alito, quando li leggevo le prime volte, sedotto e incantato. Quelle macchie sono la corruzione della carta, dove adesso ci sono le macchie fra qualche anno ci saranno dei buchi. I libri antichi fanno questa fine.

Qui vicino a dove abito io sanno restaurare i libri antichi i frati dell’abbazia di Praglia, nella quale vado ogni tanto e rileggo il promemoria affisso nell’atrio che ricorda come lì si è convertito Totila. I frati non possono eliminare i buchi, ma chiudono a sandwich i frammenti delle pagine bucate tra due fogli di carta sottile e trasparente, in modo che i tratti dissolti in polvere sono vuoti e i tratti che ancora rimangono sono isolati e discontinui come nuvole nel cielo. Quelli che scrivono sperando di non morire (tutti, al fondo del loro inconscio, hanno questa inconfessata speranza) se gli va bene lasciano questa traccia di sé: pochi grumi di parole, circondati dal silenzio. Non parlano, balbettano. Sic transit.

Di qui l’importanza di essere ristampati. Se la nostra carta non dura, e per distruggerla non occorre l’inondazione ma bastano l’aria e la luce, allora l’unico rimedio perché un libro duri è ristamparlo. Ma ci sono libri preziosi, stampati in una sola edizione e mai più ristampati, come i libri di poesia, magari inviati a te in omaggio, con dedica, dall’autore stesso, che depositando il suo libro nella tua biblioteca sperava di consegnarlo alla salvezza. La distruzione di questi libri rari o unici è il danno più grave quando le biblioteche vengono sommerse dall’acqua: perché con i libri spariscono gli autori, e con gli autori i loro mondi. Passioni, speranze, amori, sogni, vittorie, tragedie. La perdita, anche parziale, di una biblioteca è un lutto per l’umanità.