Opinioni

Una lezione attualissima: mai imporre con le armi fedi o visioni del mondo

Marco Tarquinio domenica 3 luglio 2016

Gentile direttore,abbiamo appena assistito al nuovo abbraccio tra papa Francesco e il papa emerito Benedetto XVI in occasione del 65° dell’ordinazione sacerdotale di questi. Questa sobria festa mi ha spinto a ricordare una questione sollevata su “Avvenire” qualche settimana fa. Il lettore Teresio Ticozzi, venerdì 20 maggio, ha richiamato il discorso di papa Benedetto XVI al Parlamento tedesco del 22 settembre 2011. Fu intervento da grande teologo e da grande filosofo; che pure lei, direttore, ha citato spesso a partire dell’efficace citazione biblica da cui prende le mosse: (1Re 3,9). Io vorrei richiamare un altro discorso di papa Benedetto, quello di qualche anno prima – il 12 settembre 2006 – nel corso del quale, durante una visita all’università di Ratisbona, egli aveva pronunciato delle frasi sull’islam non sue, ma di Manuele Paleologo (francamente non so chi sia): «Mostrami pure ciò che Maometto ha portato di nuovo, e vi troverai soltanto delle cose cattive e disumane come la direttiva di diffondere la fede per mezzo della spada». Venne subissato di critiche e di insulti violenti. Caro direttore, cosa disse di così offensivo papa Ratzinger?


Orlando Torrini, Pontassieve (Fi)


Sono stato felice anch’io, gentile signor Torrini, di aver potuto assistere, e dare ampio conto attraverso “Avvenire”, al nuovo abbraccio tra papa Francesco e il papa emerito Benedetto, condividendo con calore e gratitudine l’augurio a quest’ultimo per i suoi 65 anni di sacerdozio. Anche le parole semplici e calde dette in quell’occasione dal nostro Papa e dal suo predecessore ci aiutano a capire come vivere bene questo tempo della vita della Chiesa e dell’umanità. Ma vengo alla questione che lei mi pone. Manuele Paleologo era un dotto imperatore di Costantinopoli, il penultimo prima della caduta di ciò che restava dell’Impero romano d’Oriente. E il problema non fu ciò che Benedetto XVI disse nella “sua” Università di Ratisbona, ma ciò che gli venne fatto dire. La citazione era, infatti, interna a un profondo e persuasivo ragionamento sulla necessità di rinunciare all’idea che una fede, qualsiasi fede religiosa o ideologica, possa imporsi con la violenza ed esprimeva la rinnovata intenzione di “sfidare” positivamente il pensiero che viene definito laico a un incontro sul piano della ragione col pensiero illuminato dalla fede religiosa. Una visione e un’urgenza che si confermano – anche in queste ore – di impressionante e purtroppo drammatica attualità.

Lo definii allora, e lo considero ancora più oggi, uno straordinario esempio di cristiana apertura a un vero dialogo con tutti e un esempio di lucidità e di passione umana e intellettuale che vorrei veder imitato da tanti che hanno potere o anche solo potere di parola e di opinione. Con un po’ di retorica potremmo parlare di un vero “dono” per credenti e non credenti, che si tentò di trasformare in un gesto ostile all’islam, un po’ per ignoranza e molto per malizia (soprattutto, ma non solo) mediatica. Resto convinto che il tempo farà sempre più giustizia alla grandezza di quel pensiero e alla piccolezza di chi lo manipolò e malintese. E vedo che comincia già ad accadere.