Opinioni

Cosa cambia per i libri?. Mondadori-Rizzoli: ma un editore non è mai un "blocco" unico

Ferdinando Camon giovedì 8 ottobre 2015
Che si chiami Mondazzoli o Rizzadori, è comunque un’operazione che avrà grande influenza sulle nostre letture, i libri che compriamo, che regaliamo, di cui parliamo, che lasceranno una traccia nel nostro cervello. È questo che conta: la traccia. Perché quella traccia si sommerà alle tante tracce lasciate dai film che vediamo al cinema, in tv, su internet dai giornali che leggiamo, dai tg che ascoltiamo, dai siti web che consultiamo, dai dibattiti che seguiamo...: tutti questi ingredienti formeranno la nostra cultura, la nostra lingua, la nostra morale.  Secondo la quale ci comportiamo. E insegniamo ai nostri figli. Cioè, li facciamo vivere. Cioè, viviamo in loro, anche quando non ci saremo più. Perché la fusione di Mondadori con Rizzoli fa nascere una casa editrice di vaste dimensioni, che occuperà una fetta più grande del mercato dei libri, avrà più recensioni, vincerà più premi. Coloro che avversano questa operazione aggiungono un particolare maligno: siccome la Mondadori è di Berlusconi, farà del lettore un homo berlusconianus, un votante di centrodestra. Gli autori che spediranno i loro manoscritti (diciamo meglio: che invieranno i loro files) a Mondazzoli, dovranno adattare il messaggio dei loro testi al messaggio berlusconiano. È così? No. Saviano ha dato Gomorra a Mondadori, poi è andato via per questo sospetto, ma se restava i suoi libri non venivano toccati neanche in una virgola. E sul lancio di Gomorra non può lamentarsi: l’editore ha fatto e ottenuto il massimo. Augias dà i suoi libri a Mondadori, ci sono delle frecciate anti-berlusconiane nei suoi libri, ma vengono pubblicati così come lui li manda. La Mondadori non è un blocco unico letterario-politico, non lo è Mediaset. E visto che sono aziende del patron del Milan, aggiungiamo che non sono neanche un blocco unico sportivo.  Conosco un ragazzo che è andato a un colloquio per l’assunzione in Mediaset, e alla fine del colloquio, per ingraziarsi la commissione, ha esclamato: "Viva il Milan!". Gelido, il presidente della commissione gli ha risposto: "Lei ha davanti a sé la cellula interista di Mediaset".  È sbagliato pensare che gli autori di un catalogo abbiano le stesse idee politichemorali-religiose tra loro, e col padrone. In Russia, i miei libri son tradotti dall’editore ufficiale di Stalin. Non ditemi che sono responsabile dei gulag! Sulla copertina del mio primo libro, rilegato in tela, hanno raffigurato un ragazzino in pantaloni corti (che sarei io) davanti alla Basilica del Santo, in Padova. Per dire che era il libro di un cattolico. Quando vado a trovare il mio editore francese, Gallimard, nella sala d’attesa mettono le foto dei loro autori rappresentativi, Sartre, Camus, e tra quelle foto anche la mia (solo in quel giorno, suppongo): io li guardo e penso: «Ma questi sono atei, cosa c’entro con loro?».  Un editore non è un blocco unico, ideologico, politico, religioso, nemmeno estetico. È un catalogo. Ci sono cataloghi-persona, e sono quelli degli editori piccoli. Ci sono cataloghimagazzino, e sono quelli degli editori grandi. Mondazzoli o Rizzadori avrà un catalogo enorme. Quindi avrà più recensioni. Più vendite. Più premi. Vincerà più volte lo Strega. E perché?  Perché i votanti sono autori, e gli autori votano soprattuto per scuderia. Può succedere addirittura (incredibile ma vero) che l’editore mandi qualcuno a rastrellare casa per casa le schede dei suoi autori. Aggiunge qualcosa, il premio Strega, al libro che premia? Niente. Ma dell’autore, che prima era uno scrivente, fa uno scrittore. Gli dà uno status. Che non significa durata.  Un libro, per durare, deve servire all’umanità. È l’umanità che decide se dura o no. E per servire all’umanità dev’essere 'etico'. Anche la riuscita artistica è una componente dell’etica.  Un libro grande è grandemente etico, e lo cerchi anche se è stampato alla macchia. Mentre un autore piccolo, stampato da un editore grande, resta piccolo.