Opinioni

Il direttore risponde. Ma l’evasione no, comunque

martedì 21 giugno 2011
Gentile direttore, ho appena finito di leggere la sua risposta a una lettera riguardante l’evasione fiscale, su Avvenire di domenica 19 giugno, e devo dire che sono rimasto un po’ deluso dalla superficialità (senza offesa) della risposta. Certo, le tasse vanno pagate. Ma tutte le tasse, o solo le tasse giuste? Dato che di mestiere faccio il commercialista, propongo un esempio, così ci possiamo capire: presento una fattura a un cliente, incasso 100 euro. Di questi, 16,67 sono costituiti da Iva, e li metto da parte per il fisco. Ne rimangono 83,33. Poi c’è il 4% per la cassa obbligatoria di previdenza, ne metto da parte altri 3,20. E siamo a quota 80,10. Su questi devo pagare: 10% cassa previdenza: 8,01; Irap 3,9%: 3,12; Irpef 41%: 29,52; Addizionale regionale 1,3%: 1,04: Addizionale comunale 0,52%: 0,42. Alla fine, restano 37,99, da 100 di partenza. E non sono neanche il contribuente trattato peggio; per esempio gli artigiani devono pagare per la loro previdenza il 26,72% (non il 10% come me, fortunato), per cui di 100 euro di partenza gliene restano meno di 30. San Tommaso diceva che la legge ingiusta non obbliga in coscienza. Mi chiedo quindi se le nostre leggi fiscali siano leggi giuste. Può anche darsi che lo siano, però perlomeno il discorso va approfondito, in maniera competente. In altri Paesi, probabilmente, le leggi fiscali sono giuste, e quindi è giusto pagare tutte le tasse. Ma che in Italia le leggi fiscali siano giuste mi sembra ancora tutto da dimostrare, come pure che il cristiano sia tenuto in coscienza a pagare tutte le tasse previste dalla legge anche in caso di legge ingiusta. Nostro Signore ha detto che è lecito pagare le tasse a Cesare, non che è sempre obbligatorio. Cordiali saluti.

Luigi Zaninoni, Piacenza

Ebbene sì, gentile signor Zaninoni, io sono un «superficiale». Penso davvero che l’evasione fiscale sia un furto, una sottrazione di risorse alle casse comuni e un insulto a chi fa il proprio dovere di cittadino e di contribuente. Lo penso e lo ribadisco. Naturalmente non contesto i suoi conti di "competente" (complimenti per l’aliquota massima che s’è guadagnato col suo lavoro...). Semplicemente non credo nell’autodeterminazione assoluta dell’uomo e del cittadino, neanche sul piano fiscale. Se una legge è ingiusta, se una tassa o un contribuzione sono sbagliate, si lotta per cambiare. E, nel caso delle leggi in materia tributaria, lo si può fare solo mettendo davanti alle proprie responsabilità coloro che ci governano e che siedono in Parlamento (il referendum abrogativo in questa materia è, infatti, impossibile), non certo autoriducendosi l’imposta. Questo giornale chiede da quasi due decenni una rivoluzione fiscale che valorizzi finalmente il ruolo della famiglia, ma non per questo incita al "non pagamento" di ciò che è oggi dovuto secondo le leggi. L’obiezione di coscienza, quella vera, non conosce interesse e non è legata a un tornaconto particolare. Potrei aggiungere una lunga – e forse non del tutto competente – postilla sui diversi margini di manovra (e di elusione e di evasione...) di lavoratori dipendenti e lavoratori autonomi, ma non mi piace contrapporre gli uni agli altri. E poi, vivendo e facendo il cronista, ho imparato due cose. La prima è che il confine tra le due categorie è a volte labile (ci sono lavoratori prevalentemente dipendenti che trovano tempo e modo per essere anche autonomi e viceversa...). La seconda è che il problema della giustizia fiscale non si risolverà di certo con le guerricciole tra (tar)tassati... Ma so anche che la battaglia contro l’evasione è certamente una battaglia decisiva. E se qualcuno pensa che sia "superficiale" dirlo, accetto volentieri il rischio di passare per superficiale.