Opinioni

Il tempo delle macchine e il ruolo dell'uomo. Ma è il lavoro che innova davvero

Leonardo Becchetti venerdì 2 dicembre 2016

Il tema della dignità del lavoro resta il nervo scoperto e la questione centrale in un’economia globalizzata dove tutte le forze del mercato premono in direzione della riduzione dei prezzi ottenuta producendo 'nonimporta- come'. Poiché la soddisfazione e il senso della vita si gioca in modo molto più decisivo sulla dignità e sul valore della propria attività 'nella società' piuttosto che nella possibilità di mettere la maggiore quantità di beni possibile 'nel carrello' (ormai anche virtuale) della spesa. È questo il nodo centrale da affrontare. E la questione è di così difficile soluzione che viene spesso la tentazione di mettere la cenere sotto il tappeto, usando indicatori aggregati di tasso di disoccupazione-occupazione che ormai spiegano poco perché incorporano molto lavoro precario, working poor (lavori a reddito insufficiente), voucher e dunque ignorano il problema della qualità del lavoro stesso.

Più che di giornate di grandi sconti, sul modello del Black Friday (il venerdì nero) statunitense e ora in via di esportazione, nelle quali fare ressa per spuntare l’ennesimo sottocosto, l’umanità è alla ricerca di un White Monday (bianco lunedì) in cui dare inizio a un tempo nuovo, nel quale si possono finalmente godere condizioni di lavoro più dignitose. Il problema in Italia è acuito dalla morsa di due fenomeni di lungo corso che 'minacciano' il buon lavoro. Con la globalizzazione del mercato del lavoro e la pressione dell’esercito di riserva dei lavoratori a basso costo dei Paesi poveri ed emergenti e con l’innovazione tecnologica promossa dalla quarta rivoluzione industriale, le occupazioni fondate su attività routinarie offriranno sempre meno posti. E sempre più importante diventerà puntare, alternativamente, sulle attività di cura (l’empatia salverà il lavoro, affermano i due maggiori esperti di meccanizzazione mondiali Brijnolfson e Hitt) e sullo sviluppo della conoscenza generativa e dell’approccio delle competenze dove si impara ad applicare ciò che si è appreso in modo sempre nuovo per risolvere problemi ogni volta diversi.

Sotto la morsa di queste difficoltà sta, però, emergendo una post-verità che vede nero per il lavoro nel prossimo futuro. Riproponendo il timore che emerge puntuale in ogni fase della rivoluzione industriale quando sembra che l’avvento di macchine più evolute distruggerà definitivamente il lavoro. In realtà dietro una sempre maggiore varietà di 'macchine intelligenti' bisogna saper vedere la presenza di inventori, programmatori qualificati e addetti ai lavori che creano, programmano, modificano e riparano questa gran varietà di macchine. Fino a oggi le profezie pessimiste sulla fine della quantità dei lavori a ridosso delle grandi rivoluzioni industriali sono sempre state confutate dai fatti. Piuttosto che lasciarci andare a catastrofismi fuori luogo dobbiamo pertanto riflettere sul modo in cui sarà possibile creare e difendere lavoro di buona qualità in futuro.

Una prima indicazione arriva proprio da una delle trincee più difficili, quella del lavoro metalmeccanico che maggiormente rischia di essere investito dall’automazione dell’industria 4.0. L’accordo unitario tra datori di lavoro, Fim, Fiom e Uilm è un bel segnale da questo punto di vista. Il contratto ha elementi di innovatività e prevede per i dipendenti considerati non un costo, ma una risorsa, oltre al recupero dell’inflazione (che in futuro sarà ex post e non ex ante per evitare disallineamenti tra previsioni ed effettivo), welfare aziendale, sanità e previdenza integrative e il diritto alla formazione. Assieme a sindacati in grado di programmare con i datori di lavoro le mosse più opportune per vincere la sfida abbiamo bisogno di molte altre cose. Non solo politiche monetarie e fiscali appropriate, ma anche e soprattutto interventi di stimolo alla domanda di investimento e all’incorporazione di giovani qualificati nel settore delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (Ict), fondamentale per aiutare le aziende a incorporare il progresso tecnologico nei processi produttivi facendo aumentare la produttività totale dei fattori che è il punto debole dell’Italia. Superammortamento per acquisto di beni d’investimento ed ecobonus per la ristrutturazione degli edifici vanno nella direzione giusta di puntare le poche risorse pubbliche disponibili sulla carenza economica maggiore del Paese che è la domanda d’investimento. Ma non si tratta solo di acquistare macchinari. L’innovazione è incorporata anche e soprattutto nell’ingegnosità delle persone. E oggi siamo all’ultimo posto nella Ue per quota di giovani e lavoratori qualificati impiegati nel settore dell’Ict. Con un bonus e un superammortamento sull’assunzione di giovani qualificati esperti d’innovazione possiamo forse dare un impulso fondamentale per ripartire davvero, creando più lavoro e lavoro più dignitoso.