Opinioni

Negli Usa. L'«immacolata» esecuzione nel giorno dell'Immacolata

Amos Bertolacci venerdì 13 novembre 2020

È arrivata in questi giorni, mentre il popolo americano andava al voto per il suo presidente, la notizia secondo cui il governo federale degli Stati Uniti ha fissato per l’8 dicembre prossimo l’esecuzione capitale di Lisa Montgomery, a più di sessant’anni dall’ultima esecuzione di una donna negli Usa, nel 1953. Il delitto per cui Montgomery è stata condannata a morte nel 2004 è stato incredibilmente feroce: Lisa ha strangolato una conoscente di ventinove anni che era incinta e, dopo averle tagliato il ventre, le ha rapito la bambina di otto mesi non ancora nata e miracolosamente sopravvissuta, di cui si credeva la vera madre. Un orrendo femminicidio compiuto da una donna come rivendicazione di maternità. L’efferatezza del gesto si spiega soltanto alla luce della drammatica vicenda personale di Lisa Montgomery: dopo un’infanzia e un’adolescenza piene di violenze e di abusi, più volte stuprata dal compagno della madre e abusata anche dai suoi due mariti, ha trovato nell’alcol un fragile conforto alla propria condizione di disagio psichico, contrassegnata da gravidanze isteriche che spiegano la dinamica dell’omicidio.

L’esecuzione è prevista per iniezione letale. Il modo incruento dell’esecuzione e il fatto che questa sia stata programmata nel giorno stesso in cui la Chiesa cattolica celebra la festa dell’Immacolata Concezione apre un inedito scenario di riflessione. La coincidenza temporale accomunerà due donne diametralmente opposte: l’Immacolata da una parte, Lisa Montgomery, indelebilmente macchiata, dall’altra. Eppure quella testimonianza altissima e quella storia terribile paiono intrecciarsi in maniera più profonda.

Se la sentenza sarà confermata, nello stesso giorno avverranno contestualmente la celebrazione della vicenda umana di una donna priva di peccato fin dal grembo materno, Maria di Nazareth, immacolata a partire dal suo stesso concepimento, e la soppressione della vita di un’altra donna, Lisa Montgomery, che ha elevato il concepimento a fantasia delirante e ha posto nel grembo materno della sua vittima il proprio sigillo di infamia. Come Maria è giunta al limite estremo dell’umano in direzione del divino, così Lisa si è spinta al limite opposto verso la più fosca e abietta condizione di inumanità. Eppure, sebbene a distanza abissale, non mancano le analogie. Tutte le protagoniste della vicenda e del nostro discorso intanto sono donne: Maria di Nazareth, Lisa Montgomery, la persona barbaramente uccisa, la figlia di quest’ultima. Maria e Lisa poi sono in qualche modo accomunate anche dall’eccezionalità del loro essere madri: in modo verginale ma reale l’una, secondo la fede cattolica, in maniera psicotica e immaginaria l’altra, secondo il parere dei medici. Nel delitto di Lisa possiamo addirittura intravedere degli echi biblici e scorgere in lei il drago rosso di Apocalisse 12.3-5, quello che nel testo sacro «si pose davanti alla donna che stava per partorire per divorare il bambino appena nato», sì che «il figlio fu subito rapito verso Dio e verso il suo trono». È stupefacente che questo brano venga riferito dalla Chiesa cattolica a Maria e letto in occasione di un’altra festa mariana, quella della sua assunzione in cielo il 15 agosto.

Non è il caso qui di soffermarsi sulla rilevanza politica che la decisione riguardante Lisa Montgomery può rivestire nella competizione elettorale in corso negli Stati Uniti, rispecchiandone le dinamiche o influenzandone gli esiti. L’osservatore esterno si chiede perché i gravi ed evidenti disturbi mentali della condannata non siano stati sufficienti per prevedere un diverso tipo di pena. Ma il punto fondamentale è un altro. Se le autorità statunitensi confermeranno l’esecuzione della condanna prevista, la vicenda di Lisa Montgomery, che tanto chiaramente si staglia al confine estremo tra l’umano e il disumano, porrà l’opinione pubblica e la nostra coscienza di fronte a un dilemma.

Da una parte, la scelta di compiere con la pena di morte prevista, per quanto senza spargimento di sangue e dunque «immacolata» essa possa essere, un passo irrimediabile al di là di questo confine, oltrepassando con la spietatezza di chi condanna il confine ultimo dell’umano raggiunto dalla condannata.

Dall’altra parte, la scelta di prendersi cura dell’umanità così profondamente svilita nella psiche di questa donna e assumersi il carico collettivo del delitto indicibile che da questa umanità ferita è scaturito, nell’ottica mariana secondo cui Dio guarda l’umiliazione delle sue creature e rialza chi è stato umiliato. Senza escludere nessuno.

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