Opinioni

Fenomeno che spariglia. Ciò che le Sardine dicono e quello che non possono fare

Marco Iasevoli domenica 29 dicembre 2019

Nella linea di pensiero pressoché univoca che considera le Sardine una 'risposta' al salvinismo, sfugge un dato cronologico tanto semplice quanto essenziale: il Movimento è nato quando il Conte II era ormai avviato e quando, dopo il voto umbro e in previsione delle elezioni in Emilia Romagna, si è palesata l’inadeguatezza (almeno al momento) della maggioranza di governo nel costruire un vero polo antisovranista, capace di andare oltre la già precaria 'comfort zone' dei due partiti più grandi, Pd e M5s.

Se le Sardine sono una risposta, lo sono quindi alla fragilità politica e culturale che stanno dimostrando il Governo in carica e la sua maggioranza. Da questo punto di vista, le Sardine si sono fatte carico di un problema politico in senso strettissimo: costruire una piattaforma di valori e di visione che il nuovo asse Pd-M5s, nonostante le promesse e le premesse, non è riuscito – sinora – a progettare, anzi nemmeno a immaginare.

Da questo punto di vista, il contributo del Movimento delle Sardine è significativo. Chi respinge l’idea di un Paese a trazione sovranista non ha bisogno di una serie disordinata di misure economiche dalla vaga impronta 'sociale' e 'verde', quanto di un’idea di fondo diversa e distinta in cui credere, in cui investire risorse morali prima ancora che 'elettorali'.

Il lavoro che le Sardine stanno compiendo sul fronte della comunicazione e dell’articolazione di un pensiero positivo e di speranza è sostitutivo delle omissioni culturali dell’attuale maggioranza e al contempo è anche un atto d’accusa a due forze politiche, ora divenute tre dopo la scissione di Renzi dal Pd e la nascita di Italia Viva, che tra litigi e tatticismi stanno sprecando una grossa opportunità per la nostra democrazia che avrebbe bisogno di salde e sensate proposte alternative di governo.

Tuttavia, la domanda di fondo è: le sardine sono in grado da sole di completare il puzzle del polo antisovranista? La risposta, francamente, pare negativa. Le Sardine paiono in grado di dare un pezzo di anima, di amalgama, uno strato di tessuto connettivo a una galassia di esperienze personali e comunitarie di per sé già antitetiche rispetto al sovranismo, che non hanno nel loro raggio visivo la tentazione-Salvini quanto il disinteresse, il disimpegno, la rassegnazione, il ripiegamento a una permanente dimensione pre-politica.

Di più: le Sardine paiono in grado di recuperare in un tessuto più omogeneo e propositivo anche biografie individuali e collettive che spesso si sono limitate a essere 'anti' qualcosa e 'contro' qualcuno'.

In sintesi: le Sardine possono offrire all’attuale maggioranza gli strumenti e le parole per darsi un 'senso' che non hanno ancora costruito e in più possono portare in dote un’iniezione di fiducia da generazioni ignorate dall’opinione pubblica – i giovani e gli studenti in primis – e da mondi vitali tante volte sedotti e abbandonati: volontariato, associazionismo, Terzo settore, comunità d’impegno.

Un contributo importante, ma non è tutto ciò che serve per costruire un polo alternativo al sovranismo. Per metterlo in piedi, serve andare a giocare anche in un’altra parte di campo, dove i calciatori sono in bilico tra una squadra e l’altra. Una porzione di campo dove Salvini è una tentazione permanente, una tentazione che cresce via via che l’alternativa elettorale si mostra debole e incerta.

Non parliamo delle periferie geografiche ed esistenziali di questo Paese, per le quali è purtroppo necessario un ragionamento a parte e ben più appofondito. Parliamo del ceto medio silente e profondo, di chi lavora duro e raccoglie appena l’essenziale, di chi realizza cose con genio e passione, che sia un piccolo imprenditore, un operaio o un professionista.

Con franchezza, occorre dire che le Sardine non hanno gli strumenti per re-indirizzare chi ha iniziato o sta iniziando a guardare – non perché brutto e cattivo, ma perché senza alternative altrettanto chiare – verso la destra radicale, o comunque non esclude i sovranisti dalle opzioni di voto.

Alla luce di questo ragionamento, è da un lato comprensibile che Zingaretti, Grillo e Conte 'coccolino' le Sardine: è evidente che loro tre possono raccogliere – soprattutto il Pd, e soprattutto in Emilia – parte del lavoro di questo Movimento che, hanno ribadito i leader, non vuole costituirsi come partito.

Tuttavia, Zingaretti, Grillo e Conte devono essere consapevoli – e sicuramente lo sono – che ciò non basta a sconfiggere il polo sovranista Salvini-Meloni. I tre reggenti del governo, che ne abbiano o no piacere, devono prendere atto che questa difficile partita politica passa anche dall’essere più 'inclusivi' verso chi guarda alla 'terra di mezzo', Renzi in primis.

Al netto delle simpatie e antipatie personali, non giova al fronte 'antisovranista' considerare chi spazia al centro alla stregua di un cinico turbocapitalista, non ha molto senso. Questa partita richiede generosità e più di un 'connettore'. Le Sardine stanno facendo un gran lavoro per riconnettere molte persone a una prospettiva politica di 'buon senso', ragionata, misurata, non urlata. Ma Pd e M5s, e soprattutto i dem, non possono limitarsi ad incassare il poco o il tanto che arriverà. Devono piuttosto provare anche loro ad allungare la coperta, per portarla su terreni dove le Sardine – e movimenti analoghi – non potranno mai arrivare. Difficile dire se hanno abilità, intenzione e chiarezza d’idee per farlo.