Opinioni

Accusa ritrattata a Cosenza, tragedia a Latina. Penne sparpagliate e diritto a verità

Maurizio Patriciello venerdì 2 marzo 2018

Nessun credente – e non solo – prese sul serio quelle accuse. Che il vescovo emerito di Cosenza-Bisignano, monsignor Salvatore Nunnari, avesse potuto consigliare l’aborto a una ragazza rimasta incinta di un prete non ci avevamo creduto. Monsignor Francescantonio Nolè, immediatamente, espresse solidarietà e fiducia al suo predecessore. Eppure quella notizia esplosiva e devastante, qualche giorno fa, venne gettata in pasto al pubblico di Italia 1 durante la trasmissione delle Iene, con una superficialità che spaventa. Francesca – il nome di fantasia della ragazza apparsa nel video col volto oscurato – ritratta, come riferiva ieri Avvenire. Ci fa piacere, ne prendiamo atto, le auguriamo ogni bene. Rimane l’amaro in bocca per questa vicenda dolorosa e assurda. Ma 'nulla deve andare perduto' di tutto ciò che accade e coinvolge la nostra persona e quella dei nostri fratelli, fossero anche degli sconosciuti.

Famosa è rimasta la penitenza che san Filippo Neri diede a una donna maldicente: «Prenderai una gallina e verrai da me, per via però spennerai ben bene la gallina di modo che non deve restare neppure una di quelle piume... Poi ritornerai sui tuoi passi e raccoglierai tutte le penne dalla prima all’ultima». La donna comprese la lezione e cambiò vita. Le penne portate via dal vento si spargeranno nei posti più impensati, magari resteranno imprigionate in qualche anfratto per mesi, e poi raccolte dopo molto tempo dopo. Continuando a fare male. Siamo aggrediti dalle false notizie, tanto che preferiamo chiamarle con un’espressione inglese, fake news. Questa amara constatazione, però, non deve affatto sollevarci dalla responsabilità – personale, del giornale che pubblica, o della trasmissione che si occupa di un caso – di vagliare, controllare, discernere i fatti per arrivare alla verità. «Ferma il dir se non dico il vero» pregava il poeta don Clemente Rebora. Impariamo a farlo anche noi.

La negligenza, la pigrizia, il pressappochismo, la maldicenza non sono consentiti a nessuno. A qualsiasi livello. Manteniamoci umani. Le accuse rivolte a una persona non sono palle di carta da gettare nella spazzatura ma colpi di cannone che le vanno a ferire il cuore. Tutti abbiamo diritto a conoscere la verità. Nel caso di Francesca c’era un problema vero, serio, doloroso. L’aborto è la soppressione di un essere innocente, al di là di qualunque legge lo ammetta o affermi il contrario. Per quanto ci riguarda, continueremo e combattere per dare voce al bambino che voce non ha, a impegnarci per eliminare alla radice ogni ostacolo alla vita nascente.

Se mi ritrovo a scrivere questo articolo, se tu ti ritrovi a leggerlo è per il semplice motivo che non fummo abortiti. I nostri genitori allargarono le braccia e il cuore, e ci accolsero. Dandoci la possibilità – unica e irripetibile – di nascere, vivere, conoscere, amare. Siamo tutti peccatori, le pietre che Gesù disse di scagliare contro la donna «sorpresa in flagrante adulterio» a chi non avesse peccato stanno ancora ammucchiate là, e vi rimarranno fino alla fine del mondo. Guai però a fare di ogni erba un fascio. Guai a gettare nella mischia buoni e cattivi, onesti e disonesti. Guai a confondere vittime e carnefici. «Chi ha sbagliato pagherà» ha detto pochi giorni fa l’arcivescovo di Napoli, il cardinale Sepe, a proposito di quei preti che con il loro tradimento «gettano fango sulla Chiesa». Vale per tutti, in tutti i campi, in ogni tempo. È orribile sentire i delusi dalla politica affermare che tutti i politici sono corrotti. La frase 'non ci si può fidare di nessuno' è tra le più deleterie che si possano pronunciare. Dev’essere giudicato il reo, non l’innocente che gli vive accanto.

Al corpo dei Carabinieri, ai tanti papà italiani, vogliamo esprimere la nostra riconoscenza, la nostra vicinanza, la nostra gratitudine per l’impegno e i sacrifici che fanno per proteggere i cittadini, dare lustro all’Arma, educare i figli. La tragedia di Cisterna di Latina ci fa piangere, interrogare, ci interpella, ci lascia basiti, ma non ci autorizza a gettare ombre sui carabinieri o sui padri per il fatto che Luigi Capasso fosse padre e carabiniere.

Siamo contenti per come si è sciolta l’accusa lanciata a Cosenza. Avremmo preferito che la triste vicenda fosse stata raccontata con più garbo, più serietà, nella verità. Abbiamo imparato la lezione? Lo speriamo.