Opinioni

Coronavirus. Le parole sbagliate di Lagarde nel giorno in cui erano più attese

Marco Girardo giovedì 12 marzo 2020

Più degli strumenti, nei momenti cruciali, contano le parole. Quelle pronunciate e – in questo caso – anche quelle non dette. Le antenne degli investitori di tutto il mondo, oggi, erano orientate verso l’Eurotower di Francoforte. Dopo i tracolli di Borsa nell’ultima settimana e il dilagare della pandemia, ciò che si aspettavano di captare da Christine Lagarde era qualcosa di simile a quanto il predecessore Mario Draghi affermò il 26 luglio 2012 alla Global investment conference di Londra, l’oramai celebre "Whatever it takes", "Qualsiasi cosa serva" (all’epoca) per salvare l’euro. Tre parole in inglese seguite da un altrettanto stringata rassicurazione, spesso dimenticata, di rilievo addirittura maggiore: "And believe me, it will be enough", "Credetemi, sarà sufficiente".

Ecco, i mercati ieri attendevano dalla presidente della Bce una nuova conferma che l’ultima diga reggerà, che reggerà comunque. Si aspettavano di sentire che la Banca centrale, pur avendo armi ormai spuntate, può in ogni caso intervenire per evitare il disastro. Lagarde tutto ciò non l’ha detto, salvo poi cercare un rattoppo in seconda e oramai tarda battuta. E non ha nemmeno tagliato il costo del denaro, come hanno appena fatto Federal Reserve e Bank of England. I tassi nell’Eurozona, vero, sono già ai minimi – a "zero" quelli con cui la Bce concede prestiti e negativi (-0,5%)  quelli per i depositi delle banche – e dunque all’effetto pratico sarebbe probabilmente servito a poco abbassarli ulteriormente. Una piccolissima limatura avrebbe però garantito un grande messaggio di presidio della situazione, avrebbe cioè avuto un forte valore simbolico.

Christine Lagarde - Reuters

All’opposto, la presidente si è lasciata persino scappare un «non siamo qui per ridurre gli spread»: tecnicamente corretto sotto il profilo del mandato istituzionale Bce, che resta quello di governare l’inflazione, ma dirompente sul piano psicologico e della comunicazione. Il differenziale tra Btp e Bund è schizzato poco dopo a 265 punti, nonostante Francoforte abbia potenziato il Quantitative Easing, la facilitazione monetaria; l’indice di Piazza Affari ha subito il peggior collasso di sempre e le Borse europee hanno virtualmente bruciato 825 miliardi di capitalizzazione. Non è certo colpa della Bce, ma una parola rassicurante in più avrebbe probabilmente contribuito ad attenuare il "panic selling". A non lasciare la sensazione che i mercati siano da oggi destinati ad aspettare Godot.