Opinioni

27 gennaio. La distorsione della Shoah e le nuove sfide poste dall'antisemitismo

Milena Santerini giovedì 27 gennaio 2022

L’esibizione della svastica posta su una bara sul sagrato fuori da una Chiesa romana, dopo il funerale di una donna militante di un’organizzazione neo-fascista, la martellante propaganda antiebraica online, le manifestazioni di no-vax e no-pass che esibiscono la stella gialla o le casacche dei deportati dei campi di sterminio per protestare contro la «dittatura sanitaria» sono solo alcuni tra i segnali inquietanti di antisemitismo che attraversano le società europee. Questi esempi ci inducono a riflettere – specie nel periodo intorno al 27 gennaio – sui cambiamenti della memoria e di come il suo buon uso abbia a che fare con la tenuta della nostra democrazia.

Paragonare, ad esempio, una misura di protezione della salute dei cittadini al deliberato progetto di discriminazione ed eliminazione degli ebrei d’Europa può sembrare folle, o ridicolo. Tra coloro che si ribellano al vaccino, o alle misure anti-Covid, possiamo certamente trovare diversi profili (paura, ideologia di difesa della “natura”, anarchia), ma purtroppo è forte anche l’intenzione di distorcere la Shoah. Un documento dell’Ihra (International Holocaust Remembrance Alliance), organismo intergovernativo che unisce 34 paesi, identifica varie forme di distorsione, tra cui lo sforzo intenzionale di giustificare o minimizzare l’impatto della Shoah o il numero delle vittime; il tentativo di incolpare gli ebrei per aver causato il proprio genocidio; minimizzare le responsabilità della Germania nazista, ma anche banalizzare oppure onorare l’eredità storica di organizzazioni o persone complici di crimini della Shoah. La messinscena di gruppi no-vax ha dunque due facce. Da un lato si afferma che “stiamo vivendo lo stesso dramma”: il tentativo è quello di relativizzare la Shoah, renderla innocua, un evento come un altro, paragonabile alla regola di mettersi una mascherina. Dall’altro, si fa emergere un odio accusatorio contro i potenti o presunti tali. Si tratta di un anti-qualcunismo – l’espressione è dell’indimenticato Amos Luzzatto – che si riversa contro lo Stato, il governo, i politici, il mondo...

La distanza dagli eventi storici aumenta, la memoria si indebolisce, i testimoni scompaiono, le nuove generazioni proiettano l’ostilità su Israele utilizzando spesso schemi antisemiti “terzomondisti”

La mentalità complottista la fa da padrona: una lobby ristretta di potenti domina il mondo e vuole di volta in volta diffondere il virus, oppure inventarlo per motivi occulti, o ancora produrre e guadagnare fraudolentemente sui vaccini. Non c’è coerenza, ovviamente, in ipotesi contraddittorie per cui ogni spiegazione nega l’altra, ma questo schema di pensiero illogico, non a caso, è tipico dell’antisemitismo. Il punto è proprio che quel “qualcuno” nemico, subdolo, potente con cui prendersela, prima o poi assume un volto e saranno, come è sempre accaduto, “loro”, gli ebrei. Sono “loro” quei “pochi” che ordiscono un complotto planetario, una macchinazione oscura: un modo per semplificare la complessità e scaricare rabbia e frustrazione.

Ambedue gli aspetti, minimizzare e accusare, concorrono a una distorsione degli eventi storici che deve farci riflettere, tanto più che dietro questa tragica commedia i protagonisti non sono solo singoli cittadini, ma anche gruppi bene organizzati come quelli di estrema destra che esibiscono simboli nazisti e saluto romano. La distanza dagli eventi storici aumenta, la memoria si indebolisce, i testimoni scompaiono, le nuove generazioni proiettano l’ostilità su Israele utilizzando spesso schemi antisemiti “terzomondisti”. Abbiamo da tempo compreso il rischio della negazione dell’Olocausto operata da abili falsificatori con stratagemmi retorici, ma non avevamo previsto la sua banalizzazione e la relativizzazione, facilitate dalla comunicazione via social media sui web. Un esempio di questo tentativo, ad esempio, riguarda l’equiparazione della Shoah ai massacri delle foibe (proposta di legge di Fratelli d’Italia in discussione al Senato).

Tutti coloro che sono stati colpiti dai terribili crimini perpetrati sul confine orientale italiano dal 1943 sono degni di rispetto, onore e pietà e la memoria non deve dimenticarli o fare differenze, creando una concorrenza tra le vittime. Risulta però inutile e pretestuoso sul piano politico voler equiparare stragi e crimini di guerra, per quanto feroci, alla Shoah, evento senza precedenti, singolare non tanto per l’enorme numero di vittime, ma soprattutto per il progetto intenzionale e sistematico di eliminare un intero popolo basandosi su una presunta identificazione razziale. Ci chiediamo perché minimizzare una colpa così grande, una sofferenza profonda che ha distrutto intere comunità e segnato le generazioni seguenti. Alla negazione esplicita non si arriva, se non in rari casi, anche perché la società ha eretto una diga contro di essa. Il nostro Codice penale prevede un’aggravante dei delitti di propaganda razzista, istigazione e incitamento, ma soprattutto l’edificio europeo dei diritti è costruito sul rifiuto della guerra e sull’impegno a non ripetere quelle immani tragedie. Oggi, perciò, le forze sociali e politiche che vogliono minare e indebolire la difesa della tolleranza e della democrazia in Europa devono cominciare proprio da questa base. Si assiste a quello che in Germania e Francia viene chiamato «antisemitismo secondario» per cui si respinge la responsabilità collettiva di ciò che è accaduto (ad esempio in Polonia, Ungheria e altrove). Non si può, non si ha neanche il coraggio di negarlo apertamente, ma si può minimizzare, relativizzare, banalizzare, deridere i simboli della Shoah e i sopravvissuti, come Liliana Segre.

La “Strategia nazionale contro l’antisemitismo”, è ora pubblica e online sulla pagina Noantisemitismo. governo.it della Presidenza del Consiglio dei ministri. Essa intende affrontare questi crescenti allarmi che offendono e preoccupano, dando indicazioni e raccomandazioni a tutte le istituzioni e alle componenti della società. Sul piano normativo non si possono sottovalutare le continue manifestazioni di apologia del fascismo, che costituiscono un reato. Si chiede responsabilità ai media, e in particolare sul web, nel prevenire e rimuovere i discorsi d’odio: il cosiddetto hate speech. La scuola ha appena diffuso, per decisione del ministro Patrizio Bianchi, le “Linee guida contro l’antisemitismo” per insegnanti e studenti. Con le forze di polizia e la magistratura si progetta una formazione sulle nuove forme di antisemitismo, spesso non riconosciute. Allo sport, e in particolare al calcio, chiediamo di impegnarsi seriamente contro il razzismo modificando gli statuti e le regole della giustizia sportiva. Ai Comuni di non riabilitare l’eredità storica di organizzazioni o persone complici di crimini della Shoah. Sono nuove sfide, da affrontare in modo integrato e con la collaborazione di tutti.

Coordinatrice Nazionale per la lotta contro l’antisemitismo Presidenza del Consiglio dei ministri