Opinioni

Grave limitare la libertà di voto. Unioni civili, laica prova del nove

Gianfranco Marcelli giovedì 11 febbraio 2016
La libertà di coscienza nel Partito democratico ha da ieri i voti contati. Il gruppo maggioritario al Senato ha infatti deciso di limitare a non più di tre, durante l’esame in aula del provvedimento sulle unioni civili, gli emendamenti sui quali sarà lecito ai singoli parlamentari dissociarsi dalle indicazioni del loro vertice. Una scelta davvero difficile da comprendere, vista le delicatezza della materia sulla quale si sta decidendo a Palazzo Madama. Una "tagliola" che non a caso ha sollevato le proteste del gruppo di senatori meno inclini ad accettare gli ordini di scuderia, in particolare sul nodo più scottante del ddl Cirinnà, quello riguardante l’adozione del figlio del partner. Il vice capogruppo Stefano Lepri, che ne è il portavoce, ha contrapposto una richiesta di nove scrutini a pronuncia libera e si vedrà nelle prossime ore se e in che misura riuscirà a spuntarla. O, in caso di risposta negativa, fino a che punto il diktat verrà accettato.Ma l’interrogativo che questa inattesa restrizione solleva va ben oltre la dialettica interna alla compagine politica coinvolta. E supera anche la decennale diatriba sui limiti al divieto di "vincolo di mandato" previsto dalla Costituzione, al quale nessun deputato può essere sottoposto nell’esercizio delle sue funzioni parlamentari. Limiti in certa misura giustificati, visto il fenomeno delle "migrazioni" da un gruppo all’altro all’indomani di ogni elezione, con conseguenti cambi di maggioranze. Il punto però è che, in questo caso, per affermazione più volte ripetuta da tutti i protagonisti del dibattito, da ultimo nella replica di ieri pomeriggio del ministro della Giustizia Andrea Orlando, non è in ballo il destino del governo. Sul piano procedurale anzi, siamo di fronte a una delle rare leggi di iniziativa tutta parlamentare, che non attua nessun punto programmatico convenuto nel patto di maggioranza.Il problema è che si sta invece discutendo una legge a fortissimo impatto etico-sociale. Un provvedimento che tocca e minaccia di rovesciare secoli di civiltà giuridica e di aprire a sviluppi imprevedibili nella dinamica civile del Paese. Su quali altri argomenti si può mai invocare un diritto a pensarla con la propria testa e con il proprio più intimo sentire, se non su materie del genere? Il richiamo, anche severo, alla disciplina di gruppo si può certamente giustificare quando c’è il sospetto di comportamenti che, celandosi dietro l’invocazione dei sacri principi, mirano al perseguimento di interessi personali, immediati o magari futuri (come la promessa di "ingaggi" da parte di forze al momento avversarie). Ma non si può giustificare la minaccia di misure sanzionatorie nei confronti di chi, al dunque deciderà di far prevalere i propri personali, e certamente sofferti, convincimenti.Si badi bene: non è in ballo, in questa circostanza, neppure il riferimento al rispetto delle convinzioni religiose dei singoli. Semmai è in questione la fonte di tali convincimenti. Come osservava perfino uno dei massimi teorici della laïcité francese, lo storico e sociologo Jean Baubérot (tra l’altro il principale ghost writer di François Mitterrand in questa materia), la libertà di coscienza è la base sui cui poggiano al tempo stesso la libertà di pensiero e la libertà di religione: se cade la prima, anche le altre due non hanno la possibilità di reggersi. E tanto per restare nella "culla" transalpina di certi valori, fu addirittura la legge fondamentale del 1905 sulla laicità a stabilire nel suo primo articolo che la République assicura la libertà di coscienza, anche a garanzia dell’«esercizio dei culti».Siamo insomma ai "fondamentali". A dirla tutta, stupisce perfino che un gruppo senatoriale come quello del Pd abbia dovuto riunirsi per stabilire "fino a che punto" i suoi appartenenti possono esprimersi in piena autonomia, senza correre rischi disciplinari interni. Al tempo delle grandi ideologie politiche dominanti, le accuse, sommarie e un po’ rozze, contro certi comportamenti erano di voler imporre a tutti di portare "il cervello all’ammasso". Oggi le nuove ideologie imperanti in campo antropologico sono più sottili e raffinate. E il rischio, ben chiaro a noi che il senso del limite teniamo in gran conto, è di inventare una nuova coscienza a libertà limitata.