Opinioni

Il direttore risponde. La crisi, i profeti e il valore vero

Marco Tarquinio giovedì 5 aprile 2012
Caro direttore,
non mi viene in mente in questo tormentato momento economico, sociale e umano niente di più utile delle parole che leggo nel Libro di Isaia che ci aiuteranno a uscire tutti dalla mortificante crisi in cui siamo immersi : «Chi di noi può abitare presso un fuoco divorante? Chi di noi può abitare tra fiamme perenni? (...) Chi cammina nella giustizia e parla con lealtà, chi rigetta un guadagno frutto di angherie, scuote le mani per non accettare regali» (Is 33,14-15). Ecco quanto mi sento di suggerire, come stabile e rigeneratrice operatività, a tutta la classe politica e specie al nostro primo ministro Mario Monti, che – ne sono convinto – è personalmente incamminato su queste direttive. C’è infatti, nelle espressioni del profeta, un invito a esercitare la giustizia, l’onestà assoluta e il buon esempio per essere credibili e partecipi delle difficoltà e delle sofferenze di chi ci circonda, martoriato talvolta dalla miseria, dalla mancanza di sicurezza e benessere. Da quanto leggo e sento in tv nelle tantissime trasmissioni di carattere politico, c’è una molta diffusa stima personale per l’attuale responsabile del governo e per la sua capacità di farci emergere da un baratro di "perdizione". Dobbiamo essere certi, noi cristiani, che si avvererà quanto Isaia mette a conclusione della sua invocazione come dono di Dio a chi si comporta come da Lui suggerito: «Costui abiterà in alto, fortezze sulle rocce saranno il suo rifugio, gli sarà dato il pane, avrà l’acqua assicurata» (Is 33,16).
Paolo Mason, pensionato - Trezzano sul Naviglio (Mi)
 
Gentile direttore,
l’altra sera, sul tardi, stavo rileggendo un passo estremamente significativo dell’Antico Testamento. Quello in cui il profeta Natan narra la storia di due uomini in condizioni opposte: uno molto ricco, possessore di bestiame in gran numero, l’altro, di contro, possessore solo della sua amata pecorella. Un viandante fu ospite dell’uomo ricco e quest’ultimo, per organizzare il banchetto in suo onore, uccise l’unica pecorella del povero. Beh, questa storia appare oggi quanto mai attuale; rispecchia l’Italia dei nostri giorni e anche il triste andazzo del nostro mondo. I poveri sono sempre più sfruttati e i ricchi sempre più grassi. La crisi che continua a investire il mondo è nata da uno scellerato e perverso modo di concepire e utilizzare l’economia. Un’economia sempre più virtuale e legata alla finanza. L’economia reale, quella del lavoro e della gente che popola strade, uffici, negozi, campagne e fabbriche, sembra ormai non avere più peso e voce. Però, oggi è proprio sul mercato del lavoro che si vorrebbero far ricadere gli oneri della crisi finanziaria, restringendo drasticamente le tutele dei lavoratori e rendendo così incerto e nebuloso il futuro di gran parte di loro. L’amore per il denaro è la radice di tutti i mali, ammoniva san Paolo, e mai come oggi, gli effetti di tale atteggiamento appaiono in tutta la loro forza nefasta. Per questo vorrei un governo di rettitudine, non asservito ai grandi privilegiati. Abbandoniamo la cultura dell’individualismo, non facciamoci anestetizzare le coscienze e, ricordiamoci, che il profitto non è più importante dell’uomo. Dio ha sacrificato il proprio Figlio unigenito per redimere i peccati di noi peccatori, non gradirebbe quindi lo spettacolo dell’uomo genuflesso dinanzi al denaro. Buona Pasqua a tutti!
 
Antonio Radogna - Bari
 
Le lettere di questi due amici lettori – il signor Mason che mi scrive dal Nord e il signor Radogna che lo fa dal Sud – colpiscono, a mio parere, per la sapienza biblica alla quale si riferiscono, per la ugualmente preoccupata tensione che esprimono e per i "doveri" morali e civili ai quali, in questa vigilia di Pasqua, chiamano tutti noi credenti. Ma anche per il diverso sguardo che esercitano sull’azione di emergenza (e di messa in sicurezza dell’Italia) svolta dal "governo di tregua" guidato da Mario Monti. Non ho mai fatto mistero di considerare coraggioso, utile e inevitabile quello che l’attuale premier sta riuscendo a fare assieme ai suoi ministri "tecnici". E mi piace molto, se non proprio tutto, del modo in cui il presidente-professore si propone e opera. In ciò concordo con il lettore lombardo. Detto questo, trovo, poi, assai pertinente l’insistenza del lettore barese (e tutt’altro che estranea anche alla riflessione del signor Mason) sulla necessità di scegliere con nettezza chi mettere al primo posto tra il denaro (che il signor Radogna, forzando un po’, rende sinonimo di profitto) e le persone (cioè gli uomini e le donne che lavorano). Sono uno di coloro che tengono conto delle leggi dell’economia e che ritengono che – ben regolate – tutte le attività economiche siano degne e persino nobili, ma sono anche uno di quelli che cercano di non dimenticare mai che l’economia è comunque una grande convenzione, cioè una partita che gli esseri umani si sono messi d’accordo di giocare tutti assieme. Penso anch’io, insomma, che l’economia ha senso e scopo perché è al servizio delle persone e non il contrario. Se, dunque, come in questo tempo di crisi, una serie continua di tempeste economiche comincia a funestare la vita dei popoli, credo che l’obiettivo debba diventare per tutti far finire le tempeste provocate dalle irresponsabilità (politiche e civili) e dalle sregolatezze (economiche e finanziarie) e perseguire tale obiettivo senza funestare ancora di più la vita dei popoli. La vita della gente vera: quella che lavora e mette su famiglia, che fa impresa e che insegna, che apre negozi e realizza bellezza, che pensa e che crede (come noi che crediamo in Gesù Cristo). Conosco le obiezioni che possono essere sollevate a questo ragionamento, e le rispetto. Ma rispetto di più la vita umana. Valore che anche il mercato deve rispettare, e su cui non si fa mercato.