Opinioni

Lettura femminile di Pentecoste. La Chiesa e lo Spirito una verginità feconda ​

Maria Gloria Riva sabato 18 maggio 2013
Lo Spirito e la Sposa dicono: «Vieni Signore Gesù!». Chi ascolta ripeta: «Vieni!». Sono le ultime parole che chiudono la Sacra Scrittura. Parole arcane, misteriose, eppure comprensibilissime a chi sa che il tempo attuale, quello che stiamo vivendo, è il tempo della Chiesa-Sposa. Quell’anelito dell’Apocalisse: Vieni Signore Gesù ci porterà alla visione totale sul tempo e sulla storia, che è l’unica vera fine del mondo in cui la Chiesa crede. Non una catastrofe, dunque, ma una rivelazione, un’apocalisse, appunto.
La Pentecoste, in certo senso segna l’inizio, la nascita di questo tempo arcano. Tra gli artisti che si sono cimentati nel tradurre in pittura questo evento misterioso ce n’è uno che supera tutti gli altri. Li supera non già in bravura o virtuosismo tecnico, ma nell’originalità di espressione circa il significato simbolico di questo mistero. Si tratta di Jean Restout figlio, pittore francese, segnato dal classicismo barocco, e vissuto nel XVIII secolo (1692-1768). Egli ci offre l’immagine potente (che ingrandita potete vedere qui, ndr) di quel Cenacolo che fu teatro della venuta dello Spirito Santo. Se appena riusciamo ad andare al di là della suggestione barocca delle forme e della luce, scopriamo nella imponente e luminosa basilica qualcosa di inaudito.
In un tempo in cui la donna non aveva accesso alcuno al presbiterio, e in cui la Madonna non facilmente veniva accostata all’Eucaristia e all’altare, è sconcertante la libertà compositiva e simbolica adottata da Restout. La Madonna e l’altare sono un tutt’uno, è lei al centro della composizione; è lei l’asse centrale della basilica che accoglie il gruppo dei discepoli. Sembra addirittura, per Restout, che la Vergine e le discepole del Signore siano le prime a ricevere la luce sfolgorante dello Spirito che irrompe dall’alto. Sull’altare, infatti, ci sono soprattutto donne. Gli apostoli stanno attorno e occupano il presbiterio. Maria è indubbiamente vista qui, come icona della Chiesa nascente, mentre gli uomini sono gli interpreti e i diffusori di questo mistero.
Pur nelle forme stilistiche, lontane dalla sensibilità moderna, si nasconde qui un’intuizione profetica: la crisi odierna è una crisi al femminile. La donna ha smesso di essere quel ponte di comunione fra Dio e l’uomo che, nella Chiesa nascente di Restout, dimostra di essere. Per contro, senza quel perno sicuro che solo la maternità può offrire, l’uomo faticosamente riesce a esprimere il dinamismo di ricerca e di conquista che gli è proprio e che gli apostoli hanno attuato in pienezza. Penso alle apparizioni mariane degli ultimi due secoli e penso alle sfide attuali che interessano l’identità dei generi.
Forse la donna ha smesso di stare sull’altare sacrificale della sua maternità, coniugare il suo grembo con quel mistero che custodisce. E per questo l’uomo fatica a trovare la sua vera identità e la sua vera missione. Celebrare la Pentecoste oggi, secondo il buon Jean Restout, significa invocare quello Spirito Santo che, proprio mentre esalta l’identità individuale (e dunque la vera diversità), crea unità e restituisce dignità. Tale, in fondo, è la forza della Chiesa, la stessa che sottolineava papa Francesco parlando alle religiose l’8 maggio scorso. «Siate madri, non zitelle!». E ciò che vale per le religiose, vale per le donne in generale e vale, in fondo, per la Chiesa intera. La bellezza dell’immagine di Restout è, dunque, questa: la Chiesa, pervasa dallo Spirito Santo, è la verginità feconda nascosta in ogni secolo, capace di orientare l’uomo verso nuovi traguardi pur dentro una assoluta fedeltà a se stesso, alla sua ancestrale identità.