Opinioni

Vita, fede e incontri in una comunità dell'Appennino ligure. La Chiesa dei semplici

Sandro Lagomarsini venerdì 29 aprile 2011
Ultimo giorno delle benedizioni di Pasqua. Da "osservatore autorizzato", accompagno nel suo giro un parroco dell’Appennino ligure. Buona accoglienza in tutte le famiglie. Molti gli anziani, ma nessuno è solo e trascurato. A chi lo desidera, l’Eucaristia sarà portata tra pochi giorni. Le case sono isolate e noi le raggiungiamo – per scelta del parroco – attraverso vecchi sentieri o strade sterrate. Molti pensionati hanno lavorato in fabbrica, ma nello stesso tempo hanno restaurato la casa paterna e tenuto in ordine i prati e i pascoli. Gli allevatori si lamentano dei regolamenti, non sempre saggi, imposti dall’ambientalismo di moda. Un nuovo parassita sta invadendo i castagneti e i produttori di castagne sono molto preoccupati per i raccolti dei prossimi anni.Visitiamo anche le famiglie che, attirate dalla bellezza "domestica" della montagna, passano qui le loro vacanze. Alcune vivono isolate, ma la gran parte si è inserita nella vita della comunità.Qualche parrocchiano esprime preoccupazione per un invio in zona di immigrati dal Nord Africa e il parroco fa osservare che l’accoglienza è sempre stata un vanto di questi luoghi.Una ragazza si scusa di non aver potuto partecipare, per esigenze di lavoro, a tutti gli incontri biblici quaresimali. Anche quest’anno i partecipanti abituali erano una trentina, provenienti da diverse vallate. «Che ne è del nostro prezioso piviale del 1700?», chiede una anziana signora. «La restauratrice è a metà del suo lavoro; – risponde il parroco – nelle feste di agosto, con qualche precauzione, lo potremo di nuovo usare».Anche se la comunità, mettendo insieme tre antiche parrocchie, non raggiunge le duecento famiglie, numerosi sono i genitori giovani che lavorano nei servizi locali o in centri vicini. Così è sorprendentemente elevato il numero dei bambini.Pensare che, secondo le previsioni, queste montagne dovevano essere un deserto già trent’anni fa. E invece per fine maggio si stanno preparando due battesimi e altri due per fine luglio. Una bambina chiede: «Quando comincia il catechismo?». Il parroco ride: «Aspetta che prima finisca la scuola». Fatto di studio e di vita comune, il catechismo, che si svolge d’estate secondo l’uso di queste montagne, è una esperienza molto gradita a genitori e ragazzi. Da qualche anno arrivano anche bambini non ancora battezzati.Mentre percorriamo una strada particolarmente ripida, mi chiedo quale può essere la frequenza religiosa in un territorio così vasto e accidentato. Il parroco non vuole dare numeri e sembra piuttosto accumulare scuse per gli assenti: «L’inverno qui è incredibilmente lungo.Contando gli infermi e quelli che li assistono, il cattivo tempo, i lavori inderogabili della campagna, la maggioranza di queste persone non ha obblighi di frequenza. Ma ad alcune celebrazioni non manca nessuno dei parrocchiani "mobili": la domenica delle palme, il Venerdì Santo, Pasqua, la novena dei defunti, la notte di Natale, le feste dei titolari e dei patroni di ogni chiesa, i funerali». «E poi – aggiunge – quelli che non possono muoversi bisogna andare a trovarli a casa loro». Mi sfiora un dubbio e lo esprimo: «Ma questa gente non è fin troppo ben servita, mentre in città mancano i preti?». Il parroco stringe le spalle: «A nessuno dei miei vescovi (ne ho già avuti cinque) è mai venuto in mente, ma se qualcuno avesse avuto un pensiero simile, avrei trovato qualche argomento per farlo ragionare diversamente». Una conclusione? Mi accontento della più semplice: anche questa è Chiesa, anche questa è Italia.