Opinioni

Il direttore risponde. La vita, la «nebulosa». E lo stile

venerdì 22 ottobre 2010
Caro direttore,raccogliendo il suo invito, le faccio pubblicamente sapere che nella lettera del signor Mignozzetti non mi ci ritrovo: arrogante nei toni, superficiale nei contenuti, insussistente nelle argomentazioni. Una caterva di illustri scienziati e studiosi vengono accusati di oscurantismo, rozzezza, confusione, miopia, superficialità e via berciando solo perché non la pensano come l’illuminato lettore di Avvenire. Vorrei confutare quanto si afferma nella menzionata lettera con due argomenti, uno razionale e uno patetico. Argomento razionale: l’embrione non è un essere umano ma un contenitore di Dna. È stato sperimentato con gli animali che un embrione può essere svuotato del Dna che contiene e riempito di altro materiale genetico anche tratto da cellule "adulte" (cosiddetta clonazione). L’unica differenza tra un embrione clonato ed uno "normale" è che in quest’ultimo il Dna è frutto della sintesi del corredo genetico dei genitori e quindi è per forza di cose diverso da loro. L’individuo comincia a esistere solo quando il progetto scritto nel Dna viene realizzato, in altri termini quando l’embrione si impianta nell’utero e comincia a svilupparsi: in quel momento (e non prima!) abbiamo un essere (non più un progetto) per di più in relazione (ed essere significa essere in relazione). Per usare una metafora: affermare che sopprimere un embrione è come uccidere un essere umano è come dire che sopprimere il progetto di una casa è come abbattere un edificio vero (ben diverso invece è tirare giù un edificio in costruzione). Argomento patetico (quello che dovrebbe fare più effetto nelle mie aspettative): né lei né l’illuminato lettore dite mai cosa bisognerebbe fare coi migliaia di bambini nati dalla fecondazione assistita. Eppure, in un’ottica di primazia del momento educativo, qualcuno dovrebbe pur prendersi la briga di guardarli negli occhi e dirgli: vedi, caro, tu non dovevi nascere! per far nascere te quegli scriteriati dei tuoi genitori hanno accoppato diversi tuoi potenziali fratellini! Glielo avete detto alla Louise Brown? In attesa che la mia lettera non venga pubblicata, la saluto cordialmente. Dalla Galassia senza Vita (ma vicino Trento)

Raffaele Ferro

Svuotato, riempito…  Che linguaggio, gentile signore. Se questa è profonda e scintillante razionalità, mi tengo ben stretta la mia. Ho grande rispetto per norcini e architetti, ma ancor più per gli esseri umani tout court. E un embrione di uomo o di donna non è una salsiccia, e nemmeno un progetto di carta. Da padre di famiglia, poi, so – anche se magari le sembrerà pure questo superficiale e un po’ arrogante – che con i bambini, con tutti i bambini, e soprattutto con quelli più deboli e diversi e vulnerabili, non c’è niente altro "da fare" che accettarli e amarli, con responsabilità e tenerezza. Non possono essere usati, in concreto e neanche a fini astrattamente polemici. Considero, inoltre, disumani tutti i tipi di "selezione" tra buoni e malati, utili e inutili, giusti e sbagliati. E questo sia prima sia dopo la nascita.Non so, gentile signore, se secondo il suo metro le sembrerà un’affermazione sufficientemente «razionale» o almeno «patetica», ma un piccolo essere – embrione o feto o bambino – non è in nessun momento mero "contenitore" di Dna o di ossa e carne, e neanche dei desideri di chi lo ha generato. Maternità, paternità e figliolanza sono relazioni che non hanno origini puramente meccaniche e che, anzi, hanno spesso una potente valenza spirituale (non siamo soltanto noi cristiani a saperlo). Eppure, sul piano biologico come su quello psicologico, non prescindono dalla capacità d’incontro e d’amore tra una donna, un uomo e un irriducibilmente altro da loro. Anche per questo credo che maternità, paternità e figliolanza non dovrebbero avere mai a che fare con provette e altre manovre di laboratorio.Quanto alla presunta arroganza del signor Mignozzetti, nella lettera che abbiamo pubblicato venivano inanellati pensieri precisi di coloro che lei definisce una «caterva di illustri». Il nostro lettore non ha inventato alcunché, ha messo in fila frasi. Scripta manent. E rimane pure la speranza che sia qualcuno degli «illustri» a scoprirsi a disagio e dica, dunque, qualcosa che diradi quella coltre greve che chiamo la "nebulosa senza vita". PS Ieri mattina nel corso di Prima Pagina, la bella rassegna stampa di Radiotre, un ottimo collega, il direttore del Sole24Ore, ci ha amabilmente rimbrottati per il titolo e l’articolo (edizione di ieri, 21 ottobre) con i quali avremmo «arruolato» nel fronte anti-aborto Susan Boyle, donna coraggiosa e splendida voce di questo inizio di millennio. Ci ha fatto notare che questo "non si fa": sarebbe un’esagerazione, una caduta di stile. Con la stessa amabilità faccio notare io al collega che abbiamo semplicemente dato conto di ciò che "SuBo" ha raccontato in una recentissima biografia "The woman I was born to be" (La donna che dovevo essere): la consapevolezza di esserci nonostante le sue proprie imperfezioni, che secondo i medici la rendevano "selezionabile" e, dunque, rifiutabile. Indegna di nascere perché destinata alla infelicità e di infelicità portatrice. Sua madre ha tenuto duro e lei, nona figlia «a rischio», c’è ed è quello che è: irrisa, grande, ora anche applaudita. Felicemente viva. Farlo sapere forse non è di moda, ma è certo importante. E soprattutto è vero. La verità che fa riflettere – e che non viene censurata in nome del politicamente corretto – è lo stile di Avvenire.