Opinioni

Il direttore risponde. La vita, la morte e un gran dibattito. Falsato

Marco Tarquinio sabato 11 marzo 2017

Gentile direttore,
nel commentare la notizia della sentenza con cui la Corte d’Appello di Trento ha riconosciuto a una coppia di omosessuali la doppia paternità di due gemelli, nati in Nord America con la pratica dell’«utero in affitto» (e, quindi, anche della procreazione artificiale, che comporta la cosiddetta "selezione embrionale", cioè l’eliminazione di vite umane), giornali e tv hanno spesso parlato di una contrapposizione tra laici e cattolici, progressisti e fautori di libertà i primi, retrogradi e oscurantisti i secondi. E così dopo la doppia sentenza del Tribunale dei minori di Firenze sul pieno riconoscimento in Italia dell’adozione di bambini da parte di coppie maschili realizzata contro le norme vigenti nel nostro Paese e secondo le regole di un altro Stato. È una chiave di lettura questo della contrapposizione laici-cattolici, che ritroviamo anche nel dibattito sulla legge di fine vita, in questi giorni portato alla ribalta anche dalla drammatica morte di Dj Fabo. Ma le cose stanno proprio così? È solo una prerogativa dei cattolici difendere il valore assoluto della vita e i diritti naturali, come quello di un bambino di avere una mamma e un papà? Perplessità, riserve e interrogativi riguardo a episodi di cronaca come questi sono solo appannaggio di chi fa riferimento al Vangelo e agli insegnamenti della Chiesa? Mi sono tornate in mente in proposito le riflessioni di Norberto Bobbio alla vigilia del referendum sull’aborto legale: «Vorrei chiedere – diceva il filosofo torinese in un’intervista rilasciata al "Corriere della Sera" l’8 maggio 1981 – quale sorpresa ci può essere nel fatto che un laico consideri come valido in senso assoluto, come un imperativo categorico, il "non uccidere". E mi stupisco a mia volta che i laici lascino ai credenti il privilegio e l’onore di affermare che non si deve uccidere».
Marinella Geuna

Sono d’accordo con lei, gentile professoressa. C’è una leggerezza infelice nelle letture e nei riassunti schematici e caricaturali del gran dibattito che si è riacceso sulla soglia "eutanasica" tra la vita e la morte e attorno al «miglior interesse» di ogni bambino. Aggiungo alla sua rapida ed efficace sintesi un elemento ulteriore, e a mio parere tipico (e tipicamente truffaldino), di questo approccio e delle semplificazioni in maschera che lo sorreggono: i laici parlerebbero prima di tutto di "amore" (libero), i cattolici soprattutto di "regole" (tradizionali). Un sofisma inconsistente, una mistificazione grande come la negazione della dimensione smaccatamente mercantile che purtroppo caratterizza la grandissima parte delle attività e pratiche che si vanno organizzando e strutturando sul fronte della vita e della morte "a comando".
Io, come lei, sto con Bobbio, e con la sua laica incredulità al cospetto della sicurezza di quanti identificano il dare la morte con il progresso, e liquidano l’imperativo categorico «non uccidere» come visione puramente confessionale. E penso che oggi il "filosofo del dubbio e del dialogo" avrebbe avuto, come sempre nella sua ricca riflessione, domande profonde, incalzanti e rivelatrici da condividere con tutti noi – credenti e non credenti – davanti alla sempre più pressante e sostenuta richiesta-tentazione, che anch’io considero umanamente comprensibile eppure umanamente ingiusto, di veder sancito in diversi modi un "diritto al figlio" da parte di coppie afflitte da sterilità, o da unioni tra persone dello stesso sesso, o da individui singoli. I figli e le figlie – lo dico da padre – non sono mai un diritto: sono un’attesa e un dono, una possibilità e una prova, una realtà di condivisione molte volte ricominciata.
Mi sembra, gentile e cara amica, che si abbia una maledetta e maldestra fretta di dare per risolto e per scontato tutto. La morte (che non è solo una fine) promossa a sinonimo di libertà e proclamata diritto, la generazione della vita (che non è mai solo biologia meccanica) affidata a logiche "proprietarie" che nulla hanno a che fare con il diritto del figlio e a modalità che scartano la fondamentale e feconda differenza uomo-donna proprio mentre affermano il valore di ogni differenza. Solare dialogo e rigoroso dubbio, la lezione di Bobbio è utile a tutti i "portatori sani" di valori, convinzioni e speranze. Cattolici e laici.
Marco Tarquinio