Opinioni

I "miracoli" d'Israele, passati e futuri. La strada maestra: due Stati, due popoli

Zion Evrony sabato 20 aprile 2013
Caro direttore, il 16 aprile 2013 si è celebrato il 65° anniversario dell’indipendenza dello Stato d’Israele. È meraviglioso avere sessantacinque anni dopo quattromila anni di storia! Nel 1948 Israele ha dichiarato la propria Indipendenza, nella patria storica del popolo ebraico, unendosi alla famiglia delle nazioni come Stato democratico. Israele è un Paese geograficamente molto piccolo, circa 14 volte più piccolo dell’Italia, circondato da numerosi Stati arabi che hanno un territorio molto più vasto di quello israeliano. Inoltre la loro popolazione è cinquantaquattro volte superiore a quella d’Israele che conta 8 milioni di abitanti. L’anniversario di una Nazione è un’occasione per riflettere sui successi conseguiti e sulle sfide future.Vorrei elencare brevemente quelli che molti chiamano «i miracoli d’Israele». Il primo miracolo è che, nonostante ben sette guerre, combattute quasi sempre in condizioni di inferiorità, siamo riusciti a sviluppare un Paese dinamico, con un solido sistema democratico che garantisce piena libertà di stampa e di religione. Israele è un miracolo perché siamo riusciti ad assorbire milioni di immigranti che sono arrivati da ottantadue Paesi diversi e che parlano centodue lingue differenti e ne abbiamo fatto una nuova nazione nella nostra terra di origine. In pratica la realizzazione della profezia biblica di Geremia e Isaia: (Isaia 11/12) «Egli alzerà un vessillo per le Nazioni e raccoglierà gli espulsi di Israele, radunerà i dispersi di Giuda dai quattro angoli della terra.» È un miracolo l’aver fatto rinascere la nostra lingua ebraica. Il Vecchio Testamento è scritto in ebraico. Mosè, David e tutti i Profeti parlavano ebraico, la stessa lingua che parliamo oggi. Qualsiasi bambino israeliano della scuola primaria può già leggere e capire il libro di Isaia, scritto più di duemila anni fa, ed esposto al Museo nazionale d’Israele. Un altro miracolo è che nonostante la carenza d’acqua, (il fiume Giordano ha più storia che acqua…), siamo riusciti a creare un sistema agricolo sofisticato. L’ultimo miracolo che vorrei ricordare è che siamo riusciti a sviluppare un sistema di ricerca medico scientifico e di industria hi-tech all’avanguardia che ha portato Israele a essere visto come la Silicon Valley del medio Oriente. Il popolo ebraico era considerato il popolo del Libro, ma oggi, noi israeliani, siamo considerati il popolo del computer…La sfida più importante che dobbiamo affrontare è il raggiungimento della pace con i nostri vicini palestinesi; basandoci sul principio "due Stati per due popoli": Israele patria e Stato nazionale del popolo ebraico, e il futuro Stato palestinese come patria e dimora del popolo palestinese.Molto importanti sono le nostre relazioni con il Vaticano. Esse sono relazioni uniche, poiché vi sono coinvolti interessi politici fra due stati e questioni teologiche fra due religioni. Quando mi reco in Vaticano e cammino lungo i bei corridoi in marmo e passo davanti alle guardie svizzere, qualche volta, penso alla lunga strada che abbiamo percorso per arrivare alle attuali relazioni di amicizia, rispetto e fiducia. Il Presidente Shimon Peres e io abbiamo già invitato Papa Francesco a visitare Israele appena possibile. Il popolo di Israele, senza distinzione di fede o provenienza, è pronto a dare il benvenuto al nuovo Pontefice e crede che possa continuare nel percorso di amicizia tracciato dai suoi due predecessori.Ambasciatore di Israele presso la Santa Sede