Opinioni

La vicenda Ucraina. Quella "sacra collera" che riemerge in Russia

Vladimir Zelinskij, prete ortodosso mercoledì 7 maggio 2014
Se facciamo un bilancio molto sintetico di tutto ciò che è successo tra Ucraina e Russia in questi mesi, dobbiamo riconoscere l’ennesima sconfitta di quest’ultima. Non si tratta, naturalmente, della sconfitta sul campo di battaglia, ma della seduzione dell’enfasi del pensiero unico, rinfocolato dall’odio, che serve da copertura di tutto ciò che si fa con il freddo calcolo politico.Il crollo dell’Unione Sovietica, secondo le parole di Putin, è stato la più grande tragedia del XX secolo e, dunque, sarebbe una gloria recuperare almeno una parte di questa perdita. Con il passare degli anni, questo recupero potrebbe giustificare tutto. Non soltanto i miliardi spariti (non si sa dove), ma anche il sacrificio della libertà, strangolata ogni giorno con nuove leggi, già adottate o in progetto (come, ad esempio, contro internet, "invenzione della Cia"). Tutto ciò che pian piano ha cominciato a sparire dal 1987, vale a dire: l’armonia (coatta, appassionata ed entusiasta) del numero uno con le folle, la sintonia degli accademici e intellettuali con i "semplici" nella "sacra collera" verso le sagome dei nemici, la fusione della televisione di Stato con il cervello delle masse, la regia del patriottismo sfrenato e dell’aggressività incontrollabile contro tutti coloro che "non sono con noi" e che soltanto il padre carismatico della nazione (che l’ha provocata ed orchestrata) può calmare con le sue parole sagge e moderate… Tutto questo sta ritornando, non solo per un ordine dall’alto, ma anche riemergendo dal subconscio collettivo.Speravo di non vedere mai più una cosa del genere. Ma la matrice dell’eredità totalitaria non sparisce in due decenni, soprattutto dopo l’esperienza traumatica del caos "liberalista" degli anni ’90. Il sistema sovietico basato sull’unanimità ideologica non poteva esistere senza un odio che produceva continue effigi da abbattere: i bianchi dopo la Rivoluzione, i kulaki, i nemici del popolo degli anni ’30, i cosmopoliti, i rinnegati, i dissidenti, ecc. del dopoguerra, i "fascisti di Maidan" e "nazional-traditori", di oggi… Ma, prima di tutto, l’Occidente stesso, con l’America in testa, che manovra dietro le quinte di questi mostri. E quando Gorbaciov aveva deciso di spegnere quel fuoco dell’inimicizia, lui, senza nemmeno sospettarlo, ha tagliato le radici del regime ideocratico. La vipera che si nasconde per colpire resta sempre come l’ombra di qualsiasi fede obbligatoria. Sbollita la rabbia verso il nemico escogitato dal regime, la fede nell’immagine di un futuro radioso o in un passato glorioso perde il suo succo. Forse, proprio per questo motivo, nelle settimane dello scontro con l’Ucraina è nata l’idea di istituire un tribunale contro Gorbaciov (proposta recentemente formulata da un deputato della Duma). Nella coscienza generale è proprio lui il primo colpevole per il crollo del grande e indivisibile Paese. Storicamente non è stato così; nell’ultimo anno del proprio potere Gorbaciov ha fatto quasi tutto per salvaguardare l’Unione Sovietica, tranne, forse, una cosa: l’arresto immediato dei tre presidenti (russo, bielorusso e ucraino), subito dopo il loro decreto di scioglimento dell’Urss, nel dicembre del 1991 - per tradimento della patria. Ma all’epoca la patria già non c’era più. Sono giunte, improvvisamente, tre, sei, quindici patrie. E non si può rimetterla insieme di nuovo neanche con la colla di quell’ostilità patriottico-militare che sobilla tempesta presso i confini ucraini.Mi chiedo ogni tanto: l’icona della santa Russia, così spesso incensata in Occidente, esiste davvero? Se esiste, si trova da qualche parte, fuori dalla Russia storica. E si può anche rinnovare, quando è purificata dall’odio e dipinta in libertà.