Opinioni

Il messaggio. Ecco la “rivoluzione della tenerezza” negli occhi dei bambini

Matteo Liut sabato 2 marzo 2024

È con lo sguardo che comunichiamo, prima ancora che con le parole, l’amore vero. E, quando vogliamo dire qualcosa di importante, la prima cosa che facciamo è fissare gli occhi negli occhi dei nostri interlocutori. Quando, poi, parliamo ai nostri figli aggiungiamo un gesto semplice, una carezza sulla guancia per fare in modo che i nostri volti s’incontrino. In questi gesti c’è il senso di una cura infinita, c’è la disponibilità a farsi carico delle speranze e delle paure dei nostri piccoli.

Ed è con questo stesso infinito amore che papa Francesco ieri si è rivolto a tutti i bambini del mondo, in vista della prima Giornata mondiale dedicata proprio a loro. Parole delicate, quelle contenute nel messaggio del Pontefice, che ci ha abituato nel tempo a una tenerezza quotidiana. Quante foto lo ritraggono emozionato al termine delle udienze generali quando si ritrova a benedire e prendere in braccio bambine e bambine di ogni dove. Quante volte l’abbiamo visto accogliere i gesti spontanei dei piccoli, che senza paura vanno da lui anche nelle situazioni più formali e solenni. In ognuno di quei momenti, il Papa ci ha mostrato concretamente la rivoluzione della tenerezza, di cui più volte ha parlato nei suoi discorsi, nelle sue catechesi, nei suoi scritti. Perché, in fondo, è la tenerezza lo stile con cui Dio si avvicina all’umanità, proprio nello sguardo di un neonato in una mangiatoia. E, poi, non è forse la pedagogia della tenerezza che Gesù stesso mette in atto con i più piccoli, chiedendo che essi non vengano allontanati nel nome di una serietà tutta da adulti, ma che siano lasciati andare da lui?

Sì, perché è nello sguardo dei bambini che cogliamo il modo con cui Dio accoglie tutti noi, con le nostre ferite, le nostre ansie, le nostre attese.

In fondo, sottolinea il Papa, i bambini ci ricordano «che siamo tutti figli e fratelli, e che nessuno può esistere senza qualcuno che lo metta al mondo». Per questo Francesco si rivolge direttamente ai piccoli: «Tutti voi, bambine e bambini, gioia dei vostri genitori e delle vostre famiglie, siete anche gioia dell’umanità e della Chiesa», sottolinea.

Anche nella «Christus vivit», l’esortazione apostolica postsinodale del 2019, Francesco aveva deciso di parlare direttamente “ai” giovani e di non fare così discorsi “sui” giovani. Anche in quel caso aveva incrociato gli sguardi di milioni di ragazze e ragazzi di tutto il mondo in cerca di qualcosa di più grande. E aveva dato loro ciò di cui avevano bisogno più di ogni altra cosa: un ascolto incondizionato, che lasciasse spazio anche alle loro intemperanze e alle loro ribellioni.

Ieri, quindi, con il suo stile diretto e semplice ha deciso di tornare a convocare attorno a sé (nel messaggio solo idealmente, ma concretamente il 25 e 26 maggio prossimi allo Stadio Olimpico di Roma) tutti i bambini del pianeta: parlando direttamente a loro ci mostra la via per metterci in ascolto dei loro cuori e così scoprire che il mondo si cambia partendo dalle piccole cose.

Potrebbe sembrare l’atteggiamento naturale di un anziano che si emoziona davanti ai piccoli, perché sente che, all’imbrunire dell’esistenza, la vita continua in quegli occhi vispi pieni di futuro. In realtà quella di Francesco è una testimonianza più grande e contiene un messaggio teologico: ci ricorda che Dio stesso guarda negli occhi ognuno di noi, dando del tu a ognuno di noi. E, in un profondo scambio di sguardi che crea confidenza e intimità, invita così anche a noi a fare altrettanto, a dargli del tu.

Ecco quindi il potente messaggio nel messaggio: lasciamoci guardare da Dio, come i bambini si lasciano guardare dagli adulti che si prendono cura di loro. Affidiamoci al suo abbraccio pieno di cura, che sana le nostre ferite e ci rende sorelle e fratelli: questa, in fondo, è la rivoluzione dei bambini.